mercoledì 29 giugno 2016

Dialogo con Carlo Clericetti sulla solidarietà tra gli Stati dell’UE e sull’economia sociale di mercato


Riporto il dialogo tra Carlo Clericetti e me su come sono contemplati nei Trattati UE la solidarietà tra gli Stati dell’Unione Europea e l’economia sociale di mercato, svoltosi nel suo blog su Repubblica in calce a questo articolo:

Carlo Clericetti  -  24 GIU 2016
Brexit e gli apprendisti stregoni dell'austerità

Citazione: “E d'altronde, cosa aspettarsi di diverso in un'Unione che ha tra i suoi principi costitutivi la competizione, ed esclude invece la solidarietà tra paesi?
Tra i principi costitutivi, la solidarietà tra Paesi c’è: nell’art. 2 del Trattato di Maastricht, poi sostituito dall’art. 3 del Trattato di Lisbona (TUE).
Art. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri. […]
Come ho già scritto più volte in passato, sono l’UE e la Bce a non rispettare i Trattati,[1] per colpa della Germania, che o impone le “sue” regole in sede di stesura delle norme (vedi in particolare lo Statuto della BCE[2] e il fiscal compact[3]) o si arroga il potere di interpretarle, quando esse non sono in linea con l’ordoliberalismo (ordoliberismo) tedesco e/o con l’interesse egoistico ed ottuso della Germania (vedi, ad esempio, di nuovo lo Statuto della BCE, che ha statuito la prevalenza dell’obiettivo della stabilità dei prezzi. Che però – aggiungo - ha anche stabilito l’esistenza di un secondo obiettivo, del tutto obliterato: il sostegno delle politiche dell’UE elencate proprio nell’art. 2, poi 3 del TUE, tra cui una crescita economica equilibrata, la piena occupazione e la solidarietà tra gli Stati membri.
Conosco le tesi di alcuni supposti esperti che, per sostenere la loro richiesta di uscita dall’Euro e forse dall’UE, danno un’interpretazione pessimistica dei Trattati e ritenevano, ad esempio, che giammai la BCE avrebbe potuto implementare gli OMT e il QE, perché secondo loro vietati dai Trattati e perché la Corte Cost. tedesca era contraria (sic!). Come si è visto, sia gli OMT che il QE sono stati ritenuti compatibili con i Trattati sia dalla Corte di Giustizia Europea (unico Organo abilitato a deciderlo) sia dalla stessa Corte Cost. tedesca. Il che dimostra che i Trattati abbisognano, è vero, di una revisione che li renda meno ambigui, ma già ora possono consentire l’adozione di misure atte a realizzare gli obiettivi contenuti nell’art. 3 del TUE, che, in aderenza ai "valori" contenuti nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali, ribadisce i principi fondamentali del governo dell'Unione Europea, finalizzandolo a due obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale, essendo la stabilità dei prezzi un mero sub-obiettivo.
(Cfr., per un’analisi più estesa, Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2845674.html  oppure (se in avaria) 
http://vincesko.blogspot.com/2016/04/replica-alla-risposta-della-bce-alla.html
Vincesko
PS: Avviso che ho dovuto pubblicare questo commento col mio vecchio nickname, poiché col nuovo il server non accetta i link.

Vincesko, ha ragione: nei principi fondamentali, anche se messa in modo residuale, la solidarietà ci sarebbe. Ma bisognerebbe riscrivere quell'articolo e metterla prima della "stabilità dei prezzi" e di "un'economia sociale di mercato fortemente competitiva". Anzi, "economia sociale di mercato" (= ordoliberalismo) andrebbe proprio cancellato.

@CClericetti
1. Non si faccia influenzare :)
 da espertoni come Barra Caracciolo (Orizzonte48), che ne sanno beninteso molto più di me[4]: come ho rilevato in passato, [la solidarietà] non è messa in modo residuale ma nell’art. 3, che è un articolo fondamentale dei Trattati UE, e addirittura nel preambolo. Allego quest'altro articolo (che ho appena trovato) del prof. Luigi Tosato, che lo spiega.
Il salvataggio della Grecia rispetta i trattati? Gian Luigi Tosato - 21/05/2010 http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1458
2. Mario Monti (che a me antimontiano non pare affatto il mostro di cui si blatera, anzi – come ho dimostrato in passato fornendo i dati - si attribuisce meriti-colpe che non ha) ha dichiarato recentemente che il problema dell’UE è che applica il rigore ma non anche i principi dell’economia sociale di mercato. In una certa misura, secondo me, ha ragione.
3. Ad una lettura dell’art. 3 del TUE scevra dai “condizionamenti” tedeschi, ripeto, la “stabilità dei prezzi” è un mero sub-obiettivo rispetto ai due obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale; purtroppo, il peccato originale è nello Statuto della BCE (art. 2), che a differenza di quello della FED considera prevalente la stabilità dei prezzi. Con l’avvertenza, però, che in deflazione o con inflazione sensibilmente inferiore al target (poco sotto il 2%) - come succede da tre anni - i due obiettivi (stabilità dei prezzi e crescita economica e piena occupazione) sono assolutamente concordanti e complementari.
Vincesko

Il riferimento all'"economia sociale di mercato" è esiziale. Sto leggendo in proposito un libro molto documentato che ne ricostruisce la genesi e le caratteristiche ("La dittatura dello spread" - ed. DeriveApprodi - di Alessandro Somma dell'università di Ferrara). E' una costruzione teorica il cui nome trae in inganno, non ha assolutamente niente di "sociale" nel senso che comunemente si intende e piaceva mlto a von Hajek, tanto per far capire l'orientamento.

@CClericetti (24 giugno 2016 alle 21:27)
Io non sono in grado di intavolare una discussione approfondita sul tema, ma intendo questo:
Economia sociale di mercato
L'economia sociale di mercato è un modello di sviluppo dell'economia che si propone di garantire sia la libertà di mercato che la giustizia sociale, armonizzandole tra di loro. L'idea di base è che la piena realizzazione dell'individuo non può avere luogo se non vengono garantite la libera iniziativa, la libertà di impresa, la libertà di mercato e la proprietà privata, ma che queste condizioni, da sole, non garantiscono la realizzazione della totalità degli individui (la cosiddetta giustizia sociale) e la loro integrità psicofisica, per cui lo Stato deve intervenire laddove esse presentano i loro limiti. L'intervento non deve però guidare il mercato o interferire con i suoi esiti naturali: deve semplicemente prestare il suo soccorso laddove il mercato stesso fallisce nella sua funzione sociale e deve fare in modo che diminuiscano il più possibile i casi di fallimento[1].[…]
Colui che elabora per primo una vera e propria teoria dell'economia sociale di mercato è Wilhelm Röpke(1899-1966). Röpke propone una "terza via"[2] tra liberalismo e collettivismo, in cui lo Stato svolga una funzione garantista nei confronti del libero mercato, ed è consapevole della necessità di una profonda revisione delle regole che "monopolizzano" il sistema economico.

https://it.wikipedia.org/wiki/Economia_sociale_di_mercato
Rivisto e corretto alla luce di come è stato applicato concretamente in Germania. Al netto, beninteso, delle politiche iniziate da Schroeder, quando con la globalizzazione il pendolo del potere economico anche in Germania si è rispostato nettamente a destra.
A me pare ci sia differenza con il neo-liberismo. E, francamente, considero il rifiuto del reddito minimo garantito – come fa Alberto Bagnai (e andai a scriverlo nel suo blog) – sol perché lo propose von Hayek, un’elucubrazione di chi ha la pancia piena.
Vincesko

Quella di Wikipedia è l'interpretazione corrente, ma la giustizia sociale con l'ordoliberalismo non c'entra. Sono stati i governi socialdemocratici prima di Scröder che ne hanno dato quell'interpretazione, che però non è durata molto. Se ricordo bene l'articolo di Moroni (lo conoscevo ma non l'ho riletto) offre un quadro più vicino al vero. Le differenze con il neoliberismo sono davvero minime. Un giorno di questi magari scrivo qualcosa sul libro di Somma.

Segnalo a chi ne sa poco come me questo scritto critico, che mi pare illustri bene l’evoluzione della teoria e della prassi dell’ordoliberalismo:
L’economia sociale di mercato è una risposta? Capire l’ordoliberalismo
Posted by Pietro Moroni on lunedì, maggio 2, 2016
http://www.pandorarivista.it/articoli/economia-sociale-di-mercato-capire-ordoliberalismo/
Vincesko

@CClericetti ( 25 giugno 2016 alle 00:55)
Effettivamente, Moroni indica tra le “Condizioni irrinunciabili e necessarie per la Scuola di Friburgo”, all’ultimo posto:
■ mantenimento di un minimo indispensabile di redistribuzione del reddito attraverso tassazione progressiva e salario minimo, necessario al mantenimento dell’ordine sociale.
Egli, però, scrive anche: “Tuttavia l’economia sociale di mercato non è, o non appare, così radicale. Per come la conosciamo, l’economia sociale di mercato presenta un forte ruolo dei sindacati, la Mitbestimmung (cogestione),[5] tutele sociali e un importante welfare state, soprattutto in campo sanitario. La ragione è nella storia della Germania e nella consueta resistenza che la realtà oppone ai programmi che vengono messi in atto nel tentativo di cambiarla. Gli ordoliberali, benché avessero un’indubbia influenza sulla CDU tedesca al punto che Ludwig Erhard, Ministro dell’Economia sotto Adenauer, ne era una diretta espressione, non riuscirono mai a far accettare completamente e senza riserva la loro agenda alla CDU e alla Germania in genere”.
Resistenze ancora maggiori vennero dal campo della sinistra.
In seguito, con la vittoria della SPD di Willy Brandt, l’ordoliberalismo tedesco subì un ulteriore vulnus: il welfare state venne espanso, realizzando il sistema di sicurezza sociale che conosciamo oggi (la spesa sociale raddoppiò nel giro di cinque anni) e il sistema sanitario divenne sempre più universale. Il colpo definitivo giunse però sotto il Cancellierato di Helmut Schmidt, il quale rese la Mitbestimmung, la famosa cogestione, un asse essenziale del modello produttivo tedesco. Oggi, a differenza dei suoi padri fondatori, lo stesso Ministero dell’Economia e Finanze della Repubblica Federale Tedesca riconosce nel welfare state il secondo pilastro dell’economia sociale di mercato2”.
Poi, è arrivato il socialdemocratico Schoereder con la sua Agenda 2010,[6] e il pendolo, come dicevo, è ritornato a destra. E Moroni conclude: “Sarà ora più chiaro perché non si dovrebbe difendere o propugnare l’economia sociale di mercato tedesca: in primo luogo perché, se oggi essa comprende misure apprezzabili come il welfare state e la cogestione, questo è dovuto a chi si era opposto in prima istanza al disegno iniziale. In secondo luogo perché tali misure sono correntemente in crisi. Infine, perché l’economia sociale di mercato, tranne l’eterodosso periodo di governo e di riforme socialdemocratiche, è risolutamente schierata contro il potere dei lavoratori e della loro associazione: lo è in teoria, per bocca degli stessi economisti afferenti all’ ordoliberalismo, come lo è nella pratica, a causa della compressione dei salari, della precarizzazione del lavoro e della condizionalità dei sostegni sociali”.
Vincesko


[1] Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei

[2] Statuto BCE

[3] Fiscal compact, piove, anzi diluvia, sul bagnato. Alcune contromisure

[4] Ricchi e poveri
Contrariamente a quel che sostengono esperti come Barra Caracciolo, che danno un’interpretazione pessimistica e ribaltata,[*] ma poi aggiustano il tiro, a mio avviso gli attuali Trattati europei (TEU e TFUE), vedi in particolare l'art. 3, permetterebbero già ora di concretizzare, in parte, la visione democratica, liberale, solidale, a favore del popolo europeo del Manifesto di Ventotene di Spinelli e NON quella neo-oligarchica, liberista e burocratica dei massoni reazionari Kalergi, Monnet, Schumann. Infatti, “Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei”.

[*] Dialogo acceso tra Quarantotto (Luciano Barra Caracciolo) e me sui poteri della BCE

[5] Partecipazione dei lavoratori alla proprietà ed al controllo delle aziende

[6] Gerard Schroeder
Agenda 2010
From Wikipedia, the free encyclopedia
The Agenda 2010 is a series of reforms planned and executed by the German government, an SPDB'90/Greens coalition at that time, which are aimed at reforming the German social system and labour market. The declared aim of Agenda 2010 is to improve economic growth and thus reduce unemployment.
On March 14, 2003 Chancellor Gerhard Schröder gave a speech before the German Bundestag outlining the proposed plans for reform. He pointed out three main areas which the agenda would focus on: the economy, the system of social security, and Germany's position on the world market.
The steps to be taken include tax cuts (such as a 25% reduction in the basic rate of income tax) as well as big cuts in the cost absorption for medical treatment and drastic cuts in pension benefits and in unemployment benefits alike. In that, the programme closely resembles similar measures taken earlier in theUSA (Reaganomics) and the UK (Thatcherism)[citation needed]. Those measures are also being proposed in accordance with the market liberal approach of the EU's Lisbon Strategy. The name Agenda 2010 itself is a reference to the Lisbon Strategy's 2010 deadline.
A series of changes in the labour market known as Hartz I - IV started in 2003 and the last step, Hartz IV, came into effect on January 1, 2005. These changes affected unemployment benefits and job centres in Germany, and the very nature of the German system of social security.


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lunedì 27 giugno 2016

Brexit, il mio giudizio è ambivalente


A risultato acquisito del referendum sulla permanenza o meno della Gran Bretagna nell’Unione Europea, riporto il mio commento pubblicato nel blog di Carlo Clericetti su Repubblica prima del referendum, giudizio che confermo, ma col sincero rammarico che non si sia realizzata la condizione per poter vedere in futuro il verificarsi della terza ipotesi.  

Carlo Clericetti  -  22 GIU 2016
Inglesi, fateci un regalo: uscite


Il giudizio sulla Brexit che do io è ambivalente.
Io ritengo l'uscita della Gran Bretagna dall'UE negativa verso l'esterno dell'UE, dato il peso "morale" e di immagine della Gran Bretagna a livello mondiale.
Positiva verso l'interno perché fa finalmente chiarezza sulla posizione nell’UE a mezzo servizio della Gran Bretagna da sempre, posizione che si è notevolmente e ulteriormente ridotta proprio a seguito della scelta del referendum, che ha alienato alla Gran Bretagna, molto presente e con un peso notevole nella gestione interna dell'UE al di là delle sue dichiarazioni, l'appoggio di vari Paesi (Polonia, Svezia, Cechia, Paesi baltici), che temono storicamente la Germania, e che ora si sono avvicinati alla Germania stessa, accrescendone il peso, peraltro non più bilanciato dalla Francia.
Discorso diverso se invece la Gran Bretagna, nel caso decidesse (ormai: avesse deciso) di restare nell'UE, partecipasse (ormai: avesse partecipato) concretamente, sia politicamente sia tramite la sua formidabile pubblica amministrazione, alla ridefinizione della missione e delle regole dell'UE e alla sua gestione, riprendendo il suo ruolo storico di contraltare della ormai egemone ed ottusa Germania.

Post scriptum
Il giorno dopo il referendum l’avevo pensato, sono dunque d’accordo. Segnalo volentieri questa petizione che in un solo giorno ha già superato 1.600.000 firmatari.

Petition
EU Referendum Rules triggering a 2nd EU Referendum
We the undersigned call upon HM Government to implement a rule that if the remain or leave vote is less than 60% based a turnout less than 75% there should be another referendum.

E quest’altra, che ha già superato i 137.000 firmatari:

Declare London independent from the UK and apply to join the EU.


Appendice

Articolo 50
1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di
recedere dall'Unione.
2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione. L'accordo è negoziato conformemente all'articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Esso è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.
3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine.
4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano.
Per maggioranza qualificata s'intende quella definita conformemente all'articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
5. Se lo Stato che ha receduto dall'Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all'articolo 49.


Articoli collegati:

Il Brexit secondo gli esperti
22 Giugno 2016
Romano Prodi, ex primo ministro e presidente della Commissione europea
Mario Monti, ex primo ministro e commissario Ue per la concorrenza
Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera
Franco Bruni, vice presidente ISPI e docente Università Bocconi
Christoph Schmidt, presidente del German Council of Economic Experts
Adriano Bosoni, senior analysist Stratfor
Carlo Altomonte, senior associate researcher ISPI

"Se vincesse la Brexit sarebbe un bene per l'Europa". Parola di europeisti
Dal corrispondete di Liberation, Jean Quatremer, all'ex-presidente della Commissione eruopea Jacques Delors: gli alleati insospettabile del "leave" scrivono agli inglesi
22 Giugno 2016

BREXIT: NEL DARE-AVERE IL REGNO UNITO HA “LASCIATO” ALL’UE 5,5 MILIARDI DI EURO OGNI ANNO
Mestre 24 giugno 2016

Segnalo questo interessante excursus storico:
La storia insegna: l’Inghilterra ha sempre detto no ai "continentali"
Nel 410 d. C. furono, di fatto, estromessi dall’impero romano. Se la sono legata al dito, e ogni volta che possono lo fanno notare. Da Shakespeare a Wellington, da Churchill ai giorni nostri: sono un altro mondo
di LinkPop  -  4 Giugno 2016

La Brexit in dieci punti
Con il referendum di giovedì 23 giugno il Regno Unito ha detto sì all'uscita dall'Unione Europea. Ma quali saranno i tempi e le modalità di questo divorzio. Ecco una breve spiegazione in 10 tappe
DI CARMELA ADINOLFI
24 giugno 2016
http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/06/24/news/la-brexit-spiegata-in-10-punti-1.274821  

«Brexit»: faut-il douter des 3,9 millions de soutiens à la pétition pour un nouveau scrutin?

TO LEAVE OR NOT TO LEAVE: INDECISIONE SULLA BREXIT E INCERTEZZA SUI DATI
27 giugno 2016

Brexit? Figlia del Fiscal Compact che uccide l’Europa
Gustavo Piga  -  26 giugno 2016
http://www.gustavopiga.it/2016/brexit-figlia-del-fiscal-compact-che-uccide-leuropa/  

Solo nuove elezioni (non impossibili) possono fermare la Brexit
POLITICA - LORENZO ROBUSTELLI  -  29 giugno 2016

http://www.eunews.it/2016/06/29/solo-nuove-elezioni-non-impossibili-possono-fermare-la-brexit/62948  

Ora la Gran Bretagna se ne vada in fretta. Non può ferire l’Europa con Brexit e finirla paralizzandone il progresso
A colloquio con Romano Prodi “ma l’Unione a 27 non è la fine del Mondo”
“Gli inglesi contrattavano sempre su tutto e non gli andava mai bene niente. Ma ci rimetteranno loro”
Intervista di Francesco Anfossi su Famiglia Cristiana del 30 giugno 2016
http://www.romanoprodi.it/strillo/ora-la-gran-bretagna-se-ne-vada-in-fretta-non-puo-ferire-leuropa-con-brexit-e-finirla-paralizzandone-il-progresso_13189.html  

Brexit, catastrofe o opportunità?
Il Brexit, lungi dall’essere la pietra tombale della sinistra britannica, potrebbe al contrario trasformarsi in un’opportunità storica senza precedenti.
di Thomas Fazi  -  1 luglio 2016
http://www.eunews.it/2016/07/01/brexit-catastrofe-o-opportunita/63344  

Theresa May, la prossima prima ministra britannica.
Cinq questions sur Theresa May, la future première ministre britannique
LE MONDE | 12.07.2016 à 20h19 • Mis à jour le 13.07.2016 à 10h11

http://www.lemonde.fr/referendum-sur-le-brexit/article/2016/07/12/cinq-questions-sur-theresa-may-la-future-premiere-ministre-britannique_4968562_4872498.html

Il problema mi pare sia più della Gran Bretagna, che fa melina poiché rischia di spaccarsi, che dell’UE. Poi, certo, gli Inglesi sono inglesi e, anche se ormai non ne hanno molte ragioni, devono continuare ad alimentare il loro complesso di superiorità.
Après les félicitations, les dirigeants européens rappellent à Mme May les conséquences du Brexit
LE MONDE | 14.07.2016 à 02h57 • Mis à jour le 14.07.2016 à 09h49

http://www.lemonde.fr/europe/article/2016/07/14/theresa-may-les-reactions-politiques-soulignent-le-travail-a-fournir-apres-le-brexit_4969260_3214.html

Sul rischio della Gran Bretagna di spaccarsi, leggete come intende procedere la nea-prima ministra britannica Theresa May, la quale, ancorché il referendum sia stato consultivo e quindi il Parlamento britannico potrebbe per ragioni di forza maggiore non tenerne conto, secondo Enrico Franceschini intenderebbe comunque far decidere al popolo.
Enrico Franceschini  -  16 LUG 2016
Se la Scozia mette il freno a Brexit
Il primo incontro post referendum tra Theresa May, primo ministro britannico, e Nicola Sturgeon, premier del governo autonomo scozzese, è andato bene, a detta di entrambe. Hanno discusso di Brexit. La May ha detto che vorrebbe realizzare l'uscita della Gran Bretagna dalla Ue. La Sturgeon ha risposto che la Scozia vuole restare nella Ue e valuterebbe la possibilità di un secondo referendum sulla secessione dal Regno Unito, se il Regno Unito uscisse dalla Ue. Posizioni contrapposte. Ma le due donne hanno concordato di partecipare insieme alla trattativa con Bruxelles. E la May ha affermato che non intende avviare l'articolo 50 del trattato europeo che dà il via al negoziato per l'uscita di un paese membro dall'Unione, "fino a quando non ci sarà una posizione comune " dell'intero Regno Unito, cioè concordata anche con la Scozia - e presumibilmente la stessa cosa vale per l'Irlanda del Nord, che - come la Scozia- ha votato a grande maggioranza per Remain. Si profila così uno scenario del genere: a un certo  punto la May potrebbe dire agli elettori, "volete Brexit anche a costo che la conseguenza sia la secessione dalla Scozia dal Regno Unito?" E potrebbe volerci un'elezione anticipata, o un secondo referendum britannico, per rispondere a questa domanda. Sarebbe interessante sapere cosa penserebbero in proposito Boris Johnson e gli altri ministri pro-Brexit del governo May. Insomma, ricevuta da David Cameron la patata bollente di Brexit, Theresa May potrebbe non volere passare alla storia come la premier che è uscita dall'Europa e ha portato alla disunione della Gran Bretagna. Questa storia sarà ancora lunga. E forse con qualche sorpresa.


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domenica 26 giugno 2016

Degli errori, della paura e della conservazione in un articolo sulle elezioni comunali 2016 a Roma


PERCHÉ A ROMA LO SFIDANTE DI VIRGINIA RAGGI HA PERSO COSÌ MALE
FABIO SALAMIDA  -  21 giugno 2016


Citazione1: “e no, non la chiamerò mai “sindaca” perché è orribile”.
Rifiuto… conservativo. Non c’è nessuna motivazione linguistica, ma solo culturale (http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-mese/infermiera-s-ingegnera).
Citazione2: “agevolate da quella follia che è il voto di preferenza, grande cancro della politica italiana e fonte costante di corruzione”.
Opinione… conservativa, basata sulla paura: a) la corruzione è consustanziale alla vita: b) le elezioni primarie sono basate sulla preferenza (rigorosamente al singolare, come sancì il referendum del 1991[1]); e c) sostanzialmente stessa cosa per le elezioni basate su collegi uninominali.
Citazione3: “Ignazio Marino, Stefano Esposito”.
Ne so poco, ma mi sembrano anch’essi dei giudizi… conservativi…[2] Certo, la responsabilità prevalente è della politica (per quel che fa o non fa in tema di famiglia, di scuola, di urbanistica), ma io ho abitato nelle periferie (a Napoli, ce ne sono anche al Centro), e francamente non assolverei le periferie, dove ci sono anche brave persone, ma dove spesso si annida il peggio del peggio.
Citazione4: “Qualcuno, tra cui il sottoscritto, in quelle ore faceva sommessamente notare che forse si sarebbe dovuto centrare di più la campagna sul candidato e sulle sue proposte”.
Completamente d’accordo. E’ un errore da dilettanti. Lo si insegna nei corsi di vendita per principianti. Peraltro il PD è recidivo (Bersani, lo smacchiatore di giaguari). [1]
Citazione5: “Ciliegina sulla torta, il call center improvvisato in diretta facebook con il Ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, per convincere gli indecisi”.
Me ne intendo un po’ e lo giudico l’errore più marchiano: la voce della Boschi (la voce è la spia fedele della personalità) è del tutto inadatta al telemarketing.[2]
Citazione6: “Roberto Giachetti, una persona per bene e forse non così empatica come qualcuno sperava”.
Empatico Giachetti? A me sembra un ossimoro.


[1] Referendum abrogativo del 1991 in Italia

[2] Ignazio Marino vs Matteo Renzi

L’errore del sindaco Ignazio Marino

[3] Matteo Richetti critica la gestione renziana del PD
PS: Per motivare il mio giudizio negativo su Stefano Di Traglia, do un'informazione tecnica. Un qualunque bravo venditore sa che una delle regole fondamentali della comunicazione di vendita è quello di non basare il messaggio sulle cattive qualità dei concorrenti (che anzi si consiglia di non menzionare neppure), ma esclusivamente sulle qualità del proprio prodotto-servizio. Il presentarsi di Bersani, quasi ossessivamente, come "smacchiatore del giaguaro" contraddice clamorosamente quella regola basilare. Ora, delle due l'una: o è stato l'esperto (fino a prova contraria) Di Traglia a suggerire a Bersani di caratterizzare in quel modo il suo messaggio di propaganda politico-elettorale, e quindi è stato lui il responsabile diretto del fallimento; o è stato l'ignorante (in senso tecnico) Bersani a intestardirsi a veicolare ostinatamente quel messaggio palesemente, almeno agli occhi di un esperto, sbagliato, ma anche in questo caso Di Traglia resta secondo me il responsabile del fallimento, poiché né ha persuaso Bersani a mutare la strategia comunicativa errata, né se ne è dissociato rassegnando le dimissioni. […]

[4] Maria Elena Boschi, analisi di una ministra mezza bugiarda


Articolo collegato:

DI BALLOTTAGGI E ALTRI DISASTRI
21 giugno 2016
http://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/di-ballottaggi-e-altri-disastri/


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