domenica 29 maggio 2016

Bersani con cattiveria all’attacco di Renzi


FUOCO AMICO
Bersani, ‘Renzi pensa ai suoi amici capitalisti e non agli italiani’
‘Abbiamo perso pezzi di industria, mancano milioni di posti di lavoro’

Bersani: “Pensiamo ai 6 milioni di posti di lavoro che mancano e poi al voto di ottobre”
L’ex segretario del Pd spiega al premier che non può dimenticare l’economia e pensare solo al referendum. Intervista di Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano
Pubblicato il 27 maggio 2016 in Partito


Le ultime dichiarazioni di Pier Luigi Bersani su Renzi sono state pesantissime ed hanno prodotto, da una parte, un nutrito dibattito in rete, e, dall’altra, una reazione tiepida, anzi fredda, del resto della minoranza PD (Cuperlo e Speranza), che non se la sono sentita di seguire Bersani, rischiando di superare il punto di non ritorno che li avrebbe portati alla scissione.
Constato che troppo tardi il gentiluomo Bersani ha forse capito che una congrua dose di “cattiveria” è un elemento fondamentale di un leader politico, come gli avevo suggerito nel 2010:
“una leadership che negli ultimi due mesi è visibilmente cresciuta”
E’ vero, ma il miglioramento di Bersani non è soltanto degli ultimi 2 mesi, ma è stato un crescendo negli ultimi 2 anni, soprattutto in fatto di determinazione (io uso definirla "cattiveria", che in “PD-Obama” gli “suggerivo” 2 anni fa, con scandalo di qualche anima pia), che poi piano piano, mettendo gradualmente la sordina alla sua bonomia caratteriale, ha anche di conseguenza migliorato l'efficacia delle sue "performance" comunicative. (Cfr. L’esito fausto delle elezioni primarie del Centrosinistra).

La questione Bersani-Renzi è abbastanza chiara. Provo allora a spiegarla come la vedo io, nel merito e seguendo il filo delle critiche di Bersani a Renzi, in sintesi ma compiutamente, ché posso ulteriormente motivare quasi punto per punto (avendo tempo, ho scritto decine di articoli nel mio blog e centinaia di commenti in giro per il web).
Innanzitutto, dico che io non condivido la scelta del galantuomo Bersani di non lasciare il PD del destrorso Renzi, e di limitarsi a denunciare, stando all'interno del partito, che Renzi, essendo un destrorso, ha sposato ovviamente gli interessi dei Marchionne e degli Squinzi; ed essendo - pare - un massone, ha sposato gli interessi dell'élite finanziaria che gravita nei - e attorno ai - consessi latomistici; ed essendo un contaballe contrabbanda la misera e del tutto insufficiente flessibilità ottenuta dall’UE per un grosso e risolutivo successo; ed essendo un Edipo nato e pasciuto ha un'irrefrenabile pulsione a... rottamare chi gli si oppone; ed essendo sveglio e tosto ma di mediocre visione è incapace di erigere un piano con contenuti e respiro strategico.
Anche se - va detto - egli fece errori gravi nella gestione della campagna elettorale, che gli fecero perdere - pare - il 5% dei voti nell'ultima settimana prima delle elezioni, gli elettori non bocciarono Bersani, ma egli per coerenza con se stesso rifiutò di allearsi col pregiudicato Berlusconi e così, stante il divieto statutario di M5S di allearsi con chicchessia, rinunciò alla sua legittima ambizione di diventare PdC.
Che però ora gli dà almeno il diritto di dire la sua e criticare - oggettivamente, nel merito! - gli errori e le carenze delle scelte (o non scelte) di Renzi.
Lo spregiudicato Renzi non ebbe alcuna remora, invece, prima a defenestrare slealmente il debole Letta e poi ad allearsi col pregiudicato predetto per diventare, mai votato da nessuno, PdC e governare grazie ai voti guadagnati dalla coalizione di Bersani: alla Camera 345 seggi su 630, e una maggioranza relativa al Senato (cfr. http://www.ilpost.it/2013/02/26/seggi-camera-senato-elezioni-2013/), facendo per giunta cose spesso opposte al programma (“Italia bene comune”) su cui il PD ha preso i voti, incluso il mio, tradendo così il rapporto di lealtà col proprio elettorato.

Ad una disamina non superficiale dei provvedimenti del governo Renzi, c'è ben altro che il c.d. Jobs Act. Occorrerebbe a) quantificare la distribuzione dei pesi e dei vantaggi per le classi e i ceti di ciò che ha fatto e soprattutto di ciò che non ha fatto il governo dei due massoni Renzi-Padoan; e b) esaminare le differenze tra il programma elettorale col quale il PD (candidato Bersani) ha chiesto e ottenuto il voto e vinto - checché se ne dica - le elezioni e i provvedimenti di legge adottati dal governo Renzi.
Sotto entrambi i profili, con qualche eccezione per un paio di misure iniziali di Renzi, il bilancio è impietoso, e una persona onesta come Bersani, che per coerenza rifiutò l'alleanza con il pregiudicato Berlusconi e rinunciò così alla sua legittima aspirazione a diventare PdC, ha non solo il diritto ma anche il dovere di chiederne conto allo spregiudicato, sleale e destrorso Renzi.

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Sul costo delle decontribuzioni (a favore degli imprenditori) e sui loro effetti, ecco una stima:

Il Jobs Act e il costo della nuova occupazione: una stima
Marta Fana e Michele Raitano 4 maggio 2016
Marta Fana e Michele Raitano si propongono di stimare quanto inciderà sul bilancio pubblico la decontribuzione sul costo del lavoro prevista dalla Legge di Stabilità per il 2015. A questo scopo, essi formulano diverse ipotesi su variabili rilevanti fini del calcolo, come la durata media dei nuovi contratti e la distribuzione delle retribuzioni. La conclusione alla quale giungono è che il costo lordo per il bilancio pubblico nel triennio di sgravio oscillerà, a seconda delle ipotesi, tra i 22 e i 14 miliardi.

Sugli effetti delle cosiddette riforme strutturali, ecco un’analisi:

SONO LE RIFORME STRUTTURALI LA VERA SOLUZIONE?
Amedeo Panci 27 maggio 2016

Su uno dei modi in cui si estrinseca la cattiveria di Renzi, infine, ecco il giudizio di un esperto:

Marcello Foa sulle minacce di Renzi ai giornalisti (dal minuto 36:30 circa)


Post e articoli collegati:

Caro Pier Luigi Bersani

Bersani vs Renzi


1. Berlusconi-Renzi, interpretazione psicologica di un incontro scandaloso

2. Bersani vs Renzi, il competente e onesto segretario gentiluomo e lo sfidante coraggioso e tosto

3. Il tappo gerontocratico al naturale, fisiologico, salutare ricambio generazionale

4. I 700+1 conservatori dello status quo

5. Se vince Renzi…

6. Il probabile effetto-valanga della ‘rottamazione’ renziana

7. Bersani vs Renzi: economia mista o liberismo?

8. Tra Bersani e Renzi il gioco si fa duro

9. L’esito fausto delle elezioni primarie del Centrosinistra

RITRATTO
La metamorfosi di Pier Luigi Bersani: il mite ex segratario Pd ora è una furia
Chiede di abbassare i toni e di modificare l’Italicum. Si indigna, si dice stupito. E anche se i renziani non gli concedono nulla, l'esponente della minoranza dem non molla
DI LUCA SAPPINO
27 maggio 2016


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giovedì 26 maggio 2016

Ricchi e poveri


Carlo Clericetti  26 MAG 2016
Usa, per il 90% reddito fermo da 40 anni

Ricchi e poveri
Si tratta semplicemente della antichissima guerra tra i ricchi e i poveri, ed i ricchi, resisi conto che nel “trentennio d’oro” erano diventati meno ricchi ed i poveri meno poveri, dopo averlo fortemente voluto, pianificato, organizzato ed attuato a partire dalla fine degli anni '70 del secolo scorso, hanno stravinto. Controllando, com'era nei loro piani, in primo luogo l'università e la tv, veicoli principe dell’“indottrinamento” delle élite e della “manipolazione” delle masse.[1]

Neo-liberismo
Università che hanno approntato la base teorica della rivincita del ceto dominante: il neo-liberismo, che è l’ideologia al soldo dei ricchi e dei potenti, una religione[2] fallace[3] propalata dai loro sacerdoti-utili idioti (docenti universitari, maitre à penser e adepti plagiati).
Tale ideologia domina da 30 anni e ne fanno parte tantissimi che occupano posizioni apicali di Istituzioni pubbliche capaci di incidere anche pesantemente sulla vita di centinaia di milioni di persone.
Soltanto il controllo delle Università e dei media e l’ammuina dei non ricchi rendono possibile il dominio di un’infima minoranza di straricchi potenti, egoisti, bulimici e spietati sul resto dell’umanità.
E, soprattutto, la connivenza o almeno la corrività dei rappresentanti politici, socialisti inclusi.

Unione Europea
Anche l’Unione Europea è stata marchiata a fuoco dallo stigma dello stesso peccato originale: tutta la costruzione europea è determinata, non dal Manifesto di Ventotene del massone progressista Altiero Spinelli e altri, ma dal progetto conservatore e neo-oligarchico dei massoni Kalergi, Monnet, Schumann e altri, con un’impostazione liberistica e deregolamentata del mercato, un parlamento europeo privo di poteri e la prevalenza della burocrazia.
Ma ciononostante… Contrariamente a quel che sostengono esperti come Barra Caracciolo, che danno un’interpretazione pessimistica e ribaltata, ma poi aggiustano il tiro,[4] a mio avviso gli attuali Trattati europei (TEU e TFUE), vedi in particolare l'art. 3, permetterebbero già ora di concretizzare, in parte, la visione democratica, liberale, solidale, a favore del popolo europeo del Manifesto di Ventotene di Spinelli e NON quella neo-oligarchica, liberista e burocratica dei massoni reazionari Kalergi, Monnet, Schumann. Infatti, “Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei”.[5]

La presa della Bastiglia
Purtroppo, i partiti e gli intellettuali eterodossi si trastullano con gli inutili appelli e non seguono la strada maestra del ricorso alla legge. Le teste pensanti di stampo progressista - massoni e non - ci sono ancora; ed hanno l'appoggio di milioni di individui chini come me sulla tastiera del pc. Mancavano le braccia per dare l’assalto alla Bastiglia. Ora si può sperare che o i Francesi riprendano la Bastiglia e caccino il mediocre e colluso Hollande, che fa da chaperon[6] alla egemone Merkel, o i Sanders e i Corbyn conquistino democraticamente il potere. E portino, non la ghigliottina per i ricchi, ma semplicemente e “rivoluzionariamente” un nuovo trentennio d’oro, con più giustizia sociale, il ripristino dell’aliquota marginale del 92% d’imposta sui redditi (decisa negli anni cinquanta del secolo scorso dal conservatore Eisenhower!), un’imposta patrimoniale sia ordinaria che straordinaria sui ricchi per semplice equità, e la riduzione della finanza – adeguatamente ri-disciplinata[7] - da padrona del mondo al suo ruolo ancillare dell’economia.


[2] La religione neo-liberista

[3] L’economia neoclassica: una pseudoscienza. Una discussione tra Sylos Labini e Boldrin

[4] Helicopter money. Le soluzioni nascoste, ma non troppo, nei "poteri impliciti"
di Quarantotto
01 Maggio 2016

[5] Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei

[6] UE, classifica (personale) dei mediocri

[7] Bill Clinton, il liberista
Pubblicato da keynesblog il 16 maggio 2016


Articolo collegato:

Dopo aver dato potere all’1% e impoverito milioni, il FMI ammette l’insuccesso del neoliberismo
di Ben Dangl – 1 giugno 2016



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venerdì 20 maggio 2016

Maria Teresa Meli invoca il Vesuvio contro le case abusive


Meli choc: che il Vesuvio si riprenda le case messe là dai napoletani
Giovedì 19 Maggio 2016, 16:55 - Ultimo aggiornamento: 19-05-2016 16:59 

DEDICATO A TUTTI COLORO, NAPOLETANI E NON, CHE IGNORANO E SOTTOVALUTANO IL RISCHIO VESUVIO

La frase della giornalista del Corriere della sera Maria Teresa Meli “Spero che il Vesuvio si riprenda le case messe là dai napoletani” si riferiva a case costruite sulla spiaggia del Comune di Castelvolturno in provincia di Caserta. Da Internet, si ricava che la distanza tra Castelvolturno ed Ercolano, che è situata ai piedi del Vesuvio, è di 57 Km, che sembra, almeno apparentemente agli occhi di un profano, una distanza di sicurezza.
Non sono un esperto, ma anni fa partecipai ad una visita guidata sul Monte Nuovo vicino Pozzuoli, che come tutta l’area dei Campi Flegrei (molto più vicina del Vesuvio a Castelvolturno…) è un “vulcano attivo in fase di quiescenza” che si formò nel 1538 nel giro di una settimana (https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Nuovo). Arrivati in cima, che poi è un sentiero circolare quasi immerso nella vegetazione che gira attorno al cratere, un vulcanologo che ci accompagnava ci spiegò, tra le altre cose, che a) l’eruzione di Pompei del 79 d.C. non è del grado massimo; e b) ci sono state in passato – come attestano i sedimenti del terreno - eruzioni del Vesuvio che hanno ricoperto di pietre laviche l’avellinese e il beneventano, per cui nessuna zona della Campania – ed anche oltre, aggiunse - poteva dirsi priva di rischi, dipendeva dal grado di esplosività dell’eruzione. Ci disse anche che secondo lui (che, francamente, a me profano sembrò appartenere alla categoria dei pessimisti se non dei… catastrofisti) non c’è certezza che il Vesuvio, che – va detto – è uno dei vulcani attivi più controllati, “preavverta”, come si sente dire, con alcuni giorni di anticipo dell’imminenza di un’eruzione.
Dalla voce di Wikipedia, trovo la conferma che l’indice di esplosività pliniana non è il valore massimo.

Sulla frase della Meli, si è innescata la solita diatriba Napoletani vs Tutti, di sapore più o meno razzistico e alimentata dal complesso di superiorità dei non napoletani e dal complesso d'inferiorità dei napoletani e meridionali in generale, che si accompagna immancabilmente a una proporzionale permalosità. Permettetemi di confidarvi che anche a me, campano e residente a Napoli, con un elevato senso estetico, è capitato talvolta di albergare per un attimo nella mia mente un pensiero analogo a quello della Meli nel vedere la numerosità che sconfina nella pazzia, la invasività che rasenta la violenza bruta e l’assurdità che evoca il sado-masochismo degli obbrobri urbanistici ed edilizi che infestano la Campania una volta felix e il resto del Sud.


Post collegato:

Dialogo sulla Calabria, sul Mezzogiorno


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martedì 17 maggio 2016

Fubini del Corriere della Sera disinforma sul debito pubblico per parare il culo ai ricchi


parare il culo
loc.v. CO volg., proteggere, tutelare qcn. da un rischio: ha fatto un grosso errore, ma i suoi soci gli hanno parato il culo.

DEBITO PUBBLICO
La Banca d’Italia e il sollievo al debito con le nuove mosse della Bce
Gli acquisti di Btp della Banca centrale varranno a regime 215 miliardi. Più consistenti
i risparmi di spesa per gli interessi. Ma è una finestra di opportunità a durata limitata
Federico Fubini   29 marzo 2016

Dell’articolo di Fubini riporto la conclusione, che a mio avviso rappresenta plasticamente il ruolo del Corriere della Sera e dei Fubini,[1] quello di DISINFORMARE e di parare il sedere ai ricchi:
[1] Gli utili idioti dei ricchi del Corriere della Sera

Il governo ha l’ultima occasione per ridurre la spesa e le tasse
Niente di tutto questo risolve il problema del debito, ma il governo italiano oggi ha l’ultima occasione per ridurre la spesa e le tasse, e ridistribuire queste ultime in modo da rendere l’intero sistema più efficiente prima che la magia della Bce svanisca. Se sprecasse l’occasione distribuendo risorse a pioggia e dimenticando la spesa, il contraccolpo arriverebbe con l’esaurirsi del quantitative easing. Le faglie oggi in movimento aprirebbero nuove voragini nell’economia. Già oggi gli italiani vedono assorbiti in interessi sul debito pubblico ben nove euro ogni cento pagati in tasse, più che in Grecia. E gli investitori esteri ormai si tengono sempre più a distanza: ormai detengono solo il 39% dello stock dei titoli del Tesoro, uno dei livelli in assoluto più bassi d’Europa. La Bce e la Banca d’Italia oggi aprono una finestra. Solo l’Italia può approfittarne, oppure no".

Quindi, secondo Fubini, 1. La quota di titoli pubblici italiani detenuti da investitori esteri è pari al 39% del totale; 2. Questo indica che c’è una fuga degli investitori esteri dai titoli di Stato italiani; e 3. Occorre approfittare delle attuali condizioni favorevoli secondo lui irripetibili determinate dal QE della BCE e tagliare le tasse tagliando la spesa pubblica per rendere l’Italia più efficiente (di equità Fubini non parla).
Vediamo allora punto per punto la validità delle tesi di Fubini.

1. Quota del debito pubblico detenuto da investitori esteri
Dall'ultimo bollettino della Banca d'Italia, nell’ambito delle sue pubblicazioni mensili che riportano i dati relativi al fabbisogno e al debito lordo delle Amministrazioni pubbliche[2]
[2] https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/finanza-pubblica/, in alto a destra si può scegliere l’anno, il dato “non residenti” fino al 2012 è nella tavola 5, dal 2013 nella tavola 8, ma poiché ciascun anno arriva al mese di ottobre ho preso il 2011 per ricavare il 2009 e il 2010, il 2013 per ricavare il 2011 e il 2012, e il 2016 per ricavare il 2014 e il 2015)
Finanza pubblica, fabbisogno e debito https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/finanza-pubblica/2016-finanza-pubblica/suppl_24_16.pdf, tavola 8, risulta che, al 28 febbraio 2016, la quota del debito pubblico in mano a non residenti ammonta a 745.012 milioni di €, pari al 33,6% del totale di 2.214.784€, quota sostanzialmente stabile da alcuni anni intorno ad 1/3 del totale, anzi in leggera risalita nell’ultimo biennio.[3]
[3] 2009 744.405 milioni di € su un totale di 1.763.628 pari al 42,2%; 2010 811.208 su 1.842.826 pari al 44,0%; 2011 730.301 su 1.907.612 pari al 38,3%; 2012 695.432 su 1.989.431 pari al 34,9%; 2013 658.683 su 2.069.692 pari al 31,8%; 2014 716.328 su 2.135.902 pari al 33,5%; 2015 740.283 su 2.171.671 pari al 34,1%.
Quindi, dai dati della Banca d’Italia, il dato effettivo è inferiore di cinque punti percentuali al 39% indicato da Fubini (che è invece in linea con il valore consuntivato nel 2011) e giudicato da lui allarmante perché indicativo di fuga dai titoli di Stato italiani degli investitori esteri.

2. Fuga degli investitori esteri dai titoli di Stato italiani
La quota di debito pubblico italiano detenuto dall’estero non si è contratta negli ultimi tre anni, evidentemente Fubini o lo ignora o ha scritto una balla per sorreggere la sua tesi. Dagli stessi dati della Banca d’Italia esposti sopra, risulta che la fuga dai titoli di Stato italiani (ma, rispetto al 2009, non in valore assoluto, bensì soltanto in percentuale sul totale) è avvenuta ben prima di quanto afferma Fubini e cioè in piena crisi economica nel triennio 2011-2013,[3] e fu senz’altro effetto della crisi di fiducia dei mercati finanziari, però indotta, a ben guardare i dati, più dalla cattiva fama del governo Berlusconi e dall’attacco della speculazione finanziaria mondiale che aveva scommesso sul fallimento dell’Euro, agevolata dalla quasi latitanza della BCE, che dai fondamentali macroeconomici dopo il mastodontico risanamento dei conti pubblici effettuato a partire dal 2010 dopo la crisi della Grecia, per 4/5 dal governo Berlusconi e 1/5 dal governo Monti.[4]
[4] Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
Riepilogo delle manovre correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld (80,8%);
- governo Monti 63,2 mld (19,2%);
Totale 329,5 mld (100,0%).
Infatti, nel luglio del 2012, bastò una semplice frase, il famoso “whatever it takes” del presidente della BCE Draghi, a fermarla, senza spendere un Euro. A dimostrazione del fatto che il debito pubblico, se si ha alle spalle una banca centrale degna di questo nome (FED, BoJ, BoE, ecc. e com'è l'attuale BCE, dopo un’inerzia di sei anni rispetto alle altre!)[5] non è un grosso problema. 
[5] Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE
Il debito pubblico italiano è molto elevato, ma, grazie ai sacrifici degli Italiani, soprattutto i poveri cristi, e alla BCE che fa finalmente il suo dovere e lo dovrà continuare a fare, in parte, anche in futuro, gli interessi passivi sono calati sia in valore assoluto (da un picco di 84 mld nel 2012 a 70 mld nel 2015) che come incidenza sul Pil (dal 5,2% al 4,2%).
Inoltre, come dimostra ampiamente il Giappone che pur avendo un debito pubblico monstre pari quasi al 250% del Pil paga un tasso d’interesse irrisorio, si può senza dubbio aggiungere che è meglio che il debito pubblico sia in mani italiane anziché straniere, tipo la Deutsche Bank, le cui vendite nel 1° semestre 2011 di titoli di Stato italiani[6] innescarono la speculazione mondiale sul debito pubblico italiano e la febbre da spread, con conseguente necessità di varare manovre correttive pesantissime e inique (segnatamente del governo Berlusconi-Tremonti) a carico in grandissima parte dei poveri cristi.
[6] La Procura di Trani, Deutsche Bank e Mario Seminerio, il terzo più “stupido” d’Italia

3. Taglio della spesa pubblica per tagliare le tasse e aumentare l’efficienza dell’Italia
In recessione ridurre il debito non è una priorità, anzi è dannoso. Inoltre, poiché ogni anno c’è un deficit, il debito pubblico ovviamente non può che crescere in termini assoluti, come avviene da almeno 20 anni, quindi, come spiega anche Padoan, vedi l’ultima diatriba con il bugiardo Weidmann,[7] occorre, oltre che aumentare l’inflazione (al livello dell’obiettivo statutario della BCE: poco sotto il 2%) per ridurre l’onere reale del debito (e il QE da solo, checché ne dicano i neo-liberisti, come si vede non è capace di ottenerlo), preoccuparsi e intervenire solo sul rapporto debito/Pil, intervenendo sul denominatore (i.e. crescita).
Ma non basta una politica monetaria espansiva (tassi bassi e QE), occorre anche una politica fiscale espansiva da parte degli Stati (o dell'UE), ma la Commissione europea (lèggi: Germania) non vuole. Come spiega anche Martin Wolf (in ritardo di 3 anni rispetto ad altri), il problema dell'Eurozona è la GERMANIA.[8]
[8] È la Germania il più grande problema dell'Eurozona
di Martin Wolf 12 maggio 2016
E i 7 o 9 mld annui di Fubini, prodotti dal calo dei tassi sul debito pubblico, come egli presumo sappia benissimo ma fa finta per parare il culo ai ricchi, sono drammaticamente insufficienti per rendere più efficiente il Paese (e l'equità?) e incentivare la crescita; perfino un neo-liberista (un po’ pentito, come tantissimi altri neo-liberisti) come Giavazzi scriveva tre anni fa sul Corriere, assieme al suo sodale Alesina, di uno shock di 50 mld, anche se a modo suo, cioè sbagliato[9]. Che comunque si possono ricavare da un mix di misure purché eque, che cioè chiamino a contribuire soprattutto i ricchi introducendo un’imposta patrimoniale straordinaria (vedi ad esempio Piano taglia-debito per la crescita  http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2792930.html  oppure (se in avaria) http://vincesko.blogspot.com/2015/06/piano-taglia-debito-per-la-crescita.html).
E’ vero che un’imposta patrimoniale straordinaria sui ricchi darebbe un beneficio solo temporaneo, ma comunque, primo, sarebbe intanto una misura di equità visto che l’onere del risanamento mastodontico è stato addossato in grandissima parte sui NON ricchi (parlo anche per esperienza personale); secondo, ci darebbe, oltre che l’agio di non sottostare ai ricatti dei creditori, il tempo - visti i vincoli esterni che impediscono di manovrare sul cambio e di aumentare il deficit - di migliorare l’efficienza del sistema-Paese: aumento della produttività e riqualificazione – NON riduzione - della spesa pubblica, la cui componente principale, la spesa pensionistica, dopo le ben 8 riforme delle pensioni dal 1992, è giudicata dalla Commissione europea e dagli esperti (anche finanziari!) tra le meno preoccupanti e più sostenibili nel lungo termine[10]
[10] Lettera ai media, al Governo, al PD e ai sindacati: le pensioni e Carlo Cottarelli http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2833739.html  oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lettera-ai-media-al-governo-al-pd-e-ai.html
Né in recessione va ridotta la spesa pubblica poiché è una misura pro-ciclica e quindi aggrava la crisi, spesa che peraltro non è comparativamente elevata rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea,[11] e questo Fubini dovrebbe saperlo; essa quindi va solo riqualificata, stornando quote di essa da capitoli improduttivi a produttivi, i.e. investimenti in infrastrutture e in settori mirati.
[11] La spesa pubblica non va tagliata
La spesa pubblica, infatti, è COMPLESSIVAMENTE in linea con la media UE e l’Italia è OGGETTIVAMENTE (cioè in base ai dati) il Paese più virtuoso poiché da 20 anni (tranne due) fa registrare un avanzo primario (al netto degli interessi passivi) talvolta anche consistente ed è uno dei pochissimi Paesi che rispetta il limite del 3% del deficit/Pil (cfr., più sopra, Piano taglia-debito per la crescita).

[9] Data l'importanza dell'argomento, ho posto questa nota alla fine e suggerisco di leggere con attenzione l'articolo di Alesina e Giavazzi, la risposta di Fassina, la replica di Alesina e Giavazzi e il mio commento:

DEFICIT, TAGLIO DELLE TASSE E CRESCITA
La prigionia dei numeri
Alberto Alesina e Francesco Giavazzi   24 settembre 2013

DISPUTE
I tagli «impossibili», le spese eccessive
Stefano Fassina   25 settembre 2013
NB: In calce c’è la replica di Alesina e Giavazzi (sacerdoti dell’ossimorica austerità espansiva che tanti danni ha causato ai poveri cristi poiché è stata presa a base dalla Commissione europea e dal FMI (che però poi tre anni fa si è pentito e ha invitato a cambiare la politica economica in senso keynesiano (cfr. ad esempio Il FMI, gli investimenti pubblici si ripagano da soli http://keynesblog.com/2014/10/09/il-fmi-gli-investimenti-pubblici-si-ripagano-da-soli/) per imporre l’austerità economica e le cosiddette riforme strutturali, i. e. deflazione dei salari e dei diritti) che si fanno forti della tesi FMI, poi rivelatasi errata per ammissione dello stesso FMI, per bocca del suo capo economista Blanchard, dei moltiplicatori taglio spesa/taglio tasse (cfr. Il Fondo Monetario insiste: sull’austerità ci siamo sbagliati  8 gennaio 2013   http://keynesblog.com/2013/01/08/il-fondo-monetario-insiste-sullausterita-ci-siamo-sbagliati/). Al riguardo vedi anche questo mio commento (in Dialogo su John Maynard Giavazzi (o quasi)  http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2817550.html  oppure  http://vincesko.blogspot.com/2015/07/dialogo-su-john-maynard-giavazzi-o-quasi.html):
3) A proposito di errori e di moltiplicatori, faccio rilevare che, nel 1° articolo del Corriere che ho linkato, Giavazzi e Alesina scrivono:
“Punto primo. Tutti gli studi (sia accademici che del Fondo monetario internazionale che della Commissione europea) concordano sul fatto che gli aggiustamenti fiscali fatti aumentando le aliquote hanno creato recessioni più forti di quelli che hanno operato riducendo le spese. Non solo: la spirale di aumenti di aliquote, recessione, riduzione di gettito, tende a creare un circolo vizioso in cui l’economia si avvita in una recessione sempre più grave. Quella di cui leggiamo è una manovra fatta per tre quarti di maggiori tasse e solo per un quarto di minori spese”.
Com’è noto, a) l’FMI ha ora ribaltato la sua convinzione sul moltiplicatore delle tasse e della spesa; b) un fatto analogo è successo per la tesi di Reinhardt e Rogoff; (i cui studi sono un punto di riferimento e uno dei fondamenti teorici degli interventi dell’FMI e non solo): c’è sì una relazione tra debito pubblico e crescita, ma nel senso che è il rallentamento della crescita che fa salire il debito pubblico: praticamente l’opposto; e infine c) è stata messa in discussione la formula applicata dalla Commissione Europea sulla disoccupazione strutturale per il calcolo del deficit strutturale.[1 2]


Articolo collegato:

Ho trovato oggi, 9/2/2017, questo articolo di critica ad un altro articolo di Fubini sul debito pubblico  (http://www.corriere.it/economia/16_febbraio_19/veto-renzi-berlino-partita-banche-147263b6-d67e-11e5-8e4b-2c56813c9298.shtml).

Il Corriere della Sera, Monti, l’ossessione per il debito e la religione sbagliata
Michele Arnese  -   


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