lunedì 22 febbraio 2016

Il Pil dell’Italia frena a fine 2015: + 0,7%


Il Pil frena a fine 2015. Ma Renzi, Italia in crescita
Padoan, importante è direzione. Opposizioni attaccano. Rallenta Ue
Silvia Gasparetto
13 febbraio 2016

Non c'è da meravigliarsi.
La previsione era di 0,8-0,7%; si è avuta la più bassa tra le due, ma cambia poco.
Ho letto i commenti in giro e constatato che c'è poca consapevolezza di quello che è successo in Italia negli ultimi 8 anni e, soprattutto, di ciò che occorrerebbe fare.
Dopo la cura da cavallo imposta all'Italia dall'insensata élite UE negli ultimi 8 anni (solo nella scorsa legislatura sono state varate manovre correttive per 330 mld cumulati, le cui misure strutturali dispiegano i loro effetti tuttora, addossati sui ceti medio-bassi ad alta propensione al consumo),[1] che ha causato la distruzione del 25% dell'apparato produttivo, un calo notevole della occupazione e la riduzione della domanda, occorrerebbe una terapia d'urto dell'ordine di vari punti di Pil (ogni punto di Pil vale 16 mld).
Di fronte ad una crisi economica di tali dimensioni e durata, infatti, è errato da parte dell’Unione europea continuare a imporre un avanzo primario crescente (il più alto in UE28), che equivale a sottrarre altrettante risorse all'economia reale.
Come pure è sbagliato, da parte del Governo italiano, visto che la determinante del perdurare della crisi è il calo della domanda, attaccarla dal lato dell'offerta (IRAP e Jobs act), come sostengono i nostri imprenditori e l’ideologia mainstream neo-liberista; o dare i soldi, anziché ai poveri ad alta propensione al consumo, ai ricchi a bassa propensione al consumo, con l'abolizione per tutti della TASI sull'abitazione principale.[2]
Per quanto riguarda la condotta specifica del PdC Renzi nell’ultimo periodo, certo, occorrerebbe ben altro che la misera flessibilità da lui invocata a gran voce, che è solo un palliativo. Ma, dati gli attuali vincoli UE, egli si attacca giocoforza ai decimali e, dati gli attuali rapporti di forza e il controllo occhiuto sull'Italia (che è dal 2011 sorvegliata speciale) da parte della Commissione europea (per conto della concorrente Germania), non ha il potere né di sforare il limite del 3% del deficit, né tanto meno di ottenere ciò che servirebbe: uno shock di alcuni punti di Pil.[3]
Ma fa benissimo ad aver posto con forza il problema. Purché insista e, con l'appoggio di altri Paesi, miri molto più in alto.
Aggiungo che, per reperire le cospicue risorse necessarie al taglio celere del debito pubblico e alla crescita economica e dell'occupazione, le alternative - l’ho già scritto da molto tempo[4] - sono:
- all'interno, varare una corposa imposta patrimoniale (300-400 mld), caldeggiata anche dalla Germania e dall'FMI, ma solo sul decile o la metà del decile più ricco delle famiglie, a bassa propensione al consumo (il 90-95% delle famiglie sarebbe esente); però so bene che Renzi non lo farà, se non costretto;
- all'esterno, implementare, in luogo del risibile piano Juncker, la vecchia proposta degli EuroUnionBond di Prodi e Quadrio-Curzio: 3.000 mld per tutta l’Eurozona, da destinare al taglio del debito pubblico e alla crescita, conferendo in garanzia, per rassicurare la riottosa Germania, l'oro delle banche centrali e quote di aziende pubbliche.
Queste cose il prof. Padoan le sa bene, ma il ministro-burocrate-prudente Padoan fa finta di non saperle e attacca l'asino dove chiede il padrone.[5]

[1] Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti

[2] Abolizione IMU-TASI, l’allievo Renzi ha superato il maestro Berlusconi

[3] La frase di Renzi è una negazione freudiana

[4] Piano taglia-debito per la crescita

[5] IL PROFESSOR PADOAN HA CONFESSATO CHE IL MINISTRO NON CAPISCE NIENTE
POSTED BY REDAZIONE - 11 FEBBRAIO 2016


Risegnalo questi articoli:

MOSLER: SALVI COL DEFICIT ALL’8% MA BERLINO VI VUOLE MORTI
Pubblicato in POLITICA&PALAZZO da L'Euroscettico il 10 giugno, 2015

Morire per Bruxelles
Carlo Clericetti 21 GEN 2016
La tempesta che si sta abbattendo sulle banche italiane è la conseguenza della politica criminale dell'Unione europea a cui si sono sommati i gravissimi errori della politica italiana.

EURO CRISIS gennaio 22, 2016 posted by Mitt Dolcino
La strategia EU-tedesca nella “crisi” delle nostre banche: attaccare gli altri paesi per impossessarsi dei loro attivi al fine di coprire i buchi del proprio sistema. Come chiudere il cerchio

Una Ue che non ha più certezze
di Vincenzo Visco 29 Gennaio 2016
[…] All’origine di questo disastro vi sono due fattori principali: la crisi economica e il fenomeno dell’immigrazione. La crisi del 2007 ha avuto dimensioni epocali e, come quella del 1929, rischia di avre conseguenze politiche devastanti in Europa dove la leadership tedesca ha imposto una terapia insensata, ispirata agli interessi di breve periodo della Germania, ma assolutamente iatrogena per tutti gli altri, che ha spinto le economie del continente a divergere sempri di più e a scaricare sui ceti più deboli tutto il costo dell’aggiustamento, creando insicurezza, paura e risentimento, e anche mettendo a rischio la ripresa mondiale affidata solo agli sforzi degli Stati Uniti. La pervicacia con cui il ministero delle Finanze tedesco e la Bundesbank continuano a portare avanti la loro linea incuranti delle macerie materiali e morali che essa ha provocato fa temere che in verità i gruppi dirigenti tedeschi (o una loro parte) abbiano già deciso di considerare chiusa l’esperienza dell’euro se non della stessa Unione. […]

E questa vecchia proposta (in luogo del ridicolo piano Juncker):

EuroUnionBond per la nuova Europa
di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio
23 agosto 2011


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martedì 16 febbraio 2016

La frase di Renzi è una negazione freudiana


La frase di Renzi nella sua lettera a “Repubblica”:[1] "Il problema 'non' sono le regole" è una evidente, sostanziale bugia, poiché è un classico esempio di negazione freudiana.[2] Il che, al di là di ogni ragionevole dubbio, dà ragione al duo Cofferati-Maltese, parlamentari europei, e a tutti quelli che accusano Renzi di essere troppo prudente nel rapporto con l’Unione Europea.
Pochissimi, mi pare, sono consapevoli che è su questo crinale contraddittorio che si sta dispiegando fin dall’inizio il mandato di PdC di Renzi: stretto, da un lato, dalla cogenza di norme europee “stupide” perché fisse e inidonee ad affrontare una crisi economica; e, dall’altra, dal rischio di dare la stura sia ai sospetti e pregiudizi antitaliani dell’élite europea, della quale aspira a far parte, sia alla speculazione finanziaria megagalattica.
Egli, per tener fede alle sue promesse elettorali di (centro)sinistra, evitare l’impasse e far uscire l’Italia dalla recessione (trasformatasi in depressione) economica,[3] ha provato all’inizio a contrastare la politica austeritaria dell’UE imposta dalla Germania, ma poi, lasciato solo dal mediocre presidente francese Hollande, all’esterno, si è arreso alla cancelliera Merkel e, all’interno, ha sposato le proposte dei Marchionne e degli Squinzi, tradendo il suo mandato elettorale, in qualità di rappresentante massimo del PD.
Ora ci sta riprovando, nascondendosi dietro protettive negazioni freudiane. Ma, pur se manterrà il punto, la sua politica troppo prudente sarà destinata inevitabilmente al fallimento, poiché, per uscire da una depressione economica che, tranne il 2010, dura da sette anni ed evitare l’inarrestabile declino dell’Italia, ci vuole ben altro che la flessibilità di qualche decimale di punto da lui invocata a gran voce. Occorre un cambio sostanziale di paradigma economico, l'eliminazione o almeno un contemperamento degli squilibri strutturali del sistema Euro, che finora ha avvantaggiato la Germania e penalizzato l’Italia e gli altri Piigs, cioè proprio quel cambio delle regole da lui stesso intimamente auspicato ancorché esplicitamente negato.
La negazione freudiana svela plasticamente il suo senso di colpa derivante dalla consapevolezza dello iato enorme tra obiettivo perseguito e obiettivo necessario. E ne rappresenta la confessione.


[1] Renzi: "La Ue sbaglia, di sola austerity si muore"
Il premier scrive a Repubblica e risponde a Scalfari sulla proposta di un superministro delle Finanze per l'eurozona: "Il problema non è la leadership ma la scelta della politica economica. Ora vogliamo una svolta"
di MATTEO RENZI
11 febbraio 2016

[2] Le difese: negazione e diniego

La negazione e il diniego

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domenica 14 febbraio 2016

Martin Schulz, il sedicente socialista


Renzi incontra Schulz: "Vogliamo che Ue si muova"
Il presidente del Consiglio rilancia su meno austerità e più crescita. Il presidente dell'Europarlamento: "Serve un vento nuovo"
12 febbraio 2016

Martin Schulz: mi spiace dirlo, ma ecco un alto rappresentante dei sedicenti socialisti complici della destra reazionaria che sta affossando l'UE e condannando l’Italia ad un inarrestabile declino. Uno dei maggiori responsabili della débacle del PSE nella formazione (composizione e programma) della Commissione europea.[1]
Vergognoso fu il suo atteggiamento lo scorso anno durante la vicenda greca,[2] in cui si allineò alla posizione della destra reazionaria PPE tedesca, ennesima conferma che, quando si tratta di difendere gli interessi del complesso industriale-finanziario-commerciale tedesco e lisciare il pelo ai loro elettori bottegai, i popolari e i socialdemocratici tedeschi fanno blocco unico.
Ora che ha bisogno di appoggi per ricollocarsi in qualche posizione di vertice, fa mostra di criticare l’austerità.
Renzi è un contaballe, ma è tosto, coraggioso e spietato, l’unico che può, se lo vuole, tener testa agli arroganti, ottusi ed egoisti Tedeschi.[3] Inclusi i sedicenti socialisti alla Schulz.



UE, Euroconvinti o Euroscettici?

[2] Il giornalista indica in Schulz uno dei responsabili perché tedesco, ma Schulz è socialdemocratico, non popolare.

Anche Juncker diventa ostaggio dei tedeschi
Il commissario Ue: da Atene segni positivi, si va verso un ragionevole compromesso. Poi il gelo di Berlino Occupazione record in Germania: 43 milioni di lavoratori
di Luigi Offeddu
20 febbraio 2015

Referendum Grecia. Ue scatenata per il sì contro Tsipras. Duro anche Martin Schulz, che spacca i socialisti europei
Pubblicato: 03/07/2015 20:32 CEST Aggiornato: 03/07/2015 20:32 CEST

Referendum Grecia, Europarlamento si schiera per il “sì”, Schulz pronto a volare ad Atene
POLITICA - MATTEO MIGLIETTA
29 giugno 2015

[3] Il ridiventato tosto Renzi in ambito UE, nella contrapposizione inevitabile con la Germania per evitare il declino dell’Italia, si disferà dei prudenti Padoan e Pittella?
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2841843.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2015/12/il-ridiventato-tosto-renzi-in-ambito-ue.html

Dialogo sull’attacco del PdC Renzi alla Germania


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mercoledì 10 febbraio 2016

UE, Euroconvinti o Euroscettici?


UE, EUROCONVINTI O EUROSCETTICI?

Sui media, si leggono o si ascoltano ormai spesso discussioni sul destino dell’Euro e perfino su quello dell’Unione europea, e ci si chiede se vale la pena ancora essere Euroconvinti o se occorra essere Euroscettici. Io personalmente sono stato sempre un europeista convinto, ma osservando e analizzando il modo in cui l’Europa ha gestito e ancora gestisce l’attuale crisi economica, da qualche tempo sono diventato - come dire? - consapevolmente euroscettico.


UE, IL PECCATO ORIGINALE

Il peccato originale è nell’ispirazione che ha informato tutta la costruzione europea, determinata, secondo alcuni, non dal Manifesto di Ventotene del massone progressista Altiero Spinelli e altri, ma dal progetto conservatore e neo-oligarchico dei massoni Kalergi, Monnet, Schumann e altri, con un’impostazione liberistica e deregolamentata del mercato, un Parlamento europeo privo di poteri e la prevalenza della burocrazia. Come poi si è realizzato.


UE, LA RESPONSABILITA’ DEI SOCIALISTI EUROPEI

Venendo alle responsabilità più recenti, la principale è quella del PSE, in particolare del massone socialista Hollande, senza l’assenso del quale l’egemone Germania, dominata dai massoni reazionari Schaeuble, Merkel e Weidmann per conto dell’establishment industriale-finanziario teutonico, non potrebbe imporre le politiche austeritarie, controriformistiche di deflazione dei salari e dei diritti del lavoro.
C’è stata una occasione, la più importante di tutte, persa da Renzi e dai socialisti europei: la formazione (composizione e programma) della Commissione Europea. Il PPE (che è calato rispetto alle elezioni precedenti, mentre il PSE ha sostanzialmente tenuto) ha preso pochi parlamentari più del PSE, ma ha il presidente e 13 commissari, contro solo 8 del PSE, e quindi il controllo della Commissione europea, che, oltre a gestire il bilancio UE, ecc., detiene in esclusiva l'iniziativa legislativa. In ogni caso, il PPE, senza l'appoggio del PSE, non avrebbe potuto e potrebbe fare NULLA.
A mio avviso, Renzi, che all'inizio del suo mandato di PdC aveva promesso sfracelli contro l’austerità imposta dalla prona Commissione europea per conto dell’egemone Germania, si arrese per due motivi: il primo, nascosto, di far parte dell’élite massonica; il secondo, perché il mediocre Hollande gli ha fatto mancare la sua sponda, ricacciandolo nelle braccia asfissianti della cancelliera Merkel.


CORTE DEI CONTI EUROPEA: UE, DUE PESI E DUE MISURE

Come ho già rilevato nel post precedente, questa notizia, che io sappia, non ha avuto quasi nessuna eco nei media italiani on-line. Ed invece essa è molto importante (perciò la ripropongo) poiché rappresenta bene – per attestazione di un Organo istituzionale europeo terzo e attendibile - il doppio standard usato dall’Europa, la quale applica severamente le norme per alcuni Paesi, mentre per altri, come si usa dire, le “interpreta”. Leggendo la relazione della Corte dei Conti europea, inoltre, vien da pensare: a) che la Commissione europea era un covo di dilettanti allo sbaraglio; b) che dopo aver sbagliato allora per controlli troppo laschi, ora sbaglia per controlli troppo rigidi e troppo severi; e c) che la costante è che usa due pesi e due misure.

158   27-01-2016 LA REPUBBLICA
LA CORTE DEI CONTI UE CONTRO LA COMMISSIONE "NEI SALVATAGGI APPLICATI DUE PESI E DUE MISURE"
Roma – “La Commissione europea non era pronta ad affrontare una crisi di proporzioni di quella scoppiata”. A quasi otto anni dall’ingresso dell’Europa nella recessione più grave dal dopoguerra, la Corte dei Conti UE ammette che qualcosa non ha funzionato. Il governo di Bruxelles si è trovato spiazzato con “debole governance delle banche e politiche di bilancio inadeguate”. E quando si è trattato di aiutare otto Paesi in difficoltà “è stata colta impreparata dalle prime richieste di assistenza”. Sotto la lente dei giudici contabili sono finiti i salvataggi di Ungheria, Lettonia, Romania, ma soprattutto Irlanda e Portogallo, due dei cinque membri dei Piigs (assieme a Spagna, Italia e Grecia). E qui la Commissione ha sbagliato quasi tutto, tra 2005 e 2008, ritenendo i bilanci nazionali e le banche “più solidi di quanto non fossero in realtà”. E non solo. I giudici denunciano anche disparità per vari Paesi, che “pur trovandosi in una situazione analoga non sono stati trattati alla stessa stregua”: rigore assoluto per alcuni, sconti per altri. Due pesi e due misure.


Allego:

26/01/2016
Relazione speciale n. 18/2015: L’assistenza finanziaria fornita ai paesi in difficoltà

26/01/2016
Sintesi della relazione speciale n. 18/2015: L’assistenza finanziaria fornita ai paesi in difficoltà


UE, CONCLUSIONE

In conclusione: sia l'attuale assetto monco UE-Euro-BCE, sia, come si vede, la politica attuata concretamente dall'UE, sia l'applicazione delle regole da parte della Commissione con due pesi e due misure avvantaggiano la Germania (e satelliti) a detrimento dei Paesi deboli, inclusa l’Italia.
Alcuni chiedono la revisione dei Trattati UE. Giusto, ma difficile, molto difficile. Per modificare i trattati occorre l’unanimità dei 28 Paesi.
Meno difficile, invece, è far applicare correttamente quelli in vigore, violati o disattesi o togliendo alla Germania il privilegio arrogante e illegittimo di condizionarne arbitrariamente l’applicazione (attraverso la prona Commissione europea) usando due pesi e due misure, come ha attestato recentemente anche la Corte dei Conti europea.
Contrariamente a quel che sostengono esperti come Barra Caracciolo, che danno un’interpretazione pessimistica e ribaltata, a mio avviso gli attuali Trattati europei (TEU e TFUE), vedi in particolare l'art. 3, permetterebbero già ora di concretizzare, in parte, la visione democratica, liberale, solidale, a favore del popolo europeo del Manifesto di Ventotene di Spinelli e NON quella neo-oligarchica, liberista e burocratica dei massoni reazionari Kalergi, Monnet, Schumann. Infatti, “Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europeihttp://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2837437.html  oppure (se in avaria) http://vincesko.blogspot.com/2015/09/sono-lue-e-la-bce-non-rispettare-i.html  .
A condizione, però, che si intraprenda, anziché quella politica, la via giuridica, non facile e velocissima, ma sicuramente più agevolmente perseguibile di quella politica. Muovendo, all’interno, come fanno i Tedeschi quando non riescono ad imporre il loro punto di vista, la Corte Costituzionale italiana, per rigettare ed eliminare le "superfetazioni" dei trattati, in particolare il fiscal compact; e, all’esterno, la Corte di Giustizia europea, in particolare per le violazioni statutarie della BCE (v. post linkato).


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http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2843564.html


venerdì 5 febbraio 2016

Commissione UE, due pesi e due misure


Dopo la sconfitta patita sugli OMT (acquisto illimitato di titoli pubblici), ritenuti dalla Corte di Giustizia Europea rientranti nei poteri della BCE, gli egoisti e arroganti Tedeschi ci riprovano col QE, muovendo – come fece Weidmann - la loro Corte Costituzionale. Ma questa non ha giurisdizione al di fuori dei suoi confini nazionali, può soltanto vietare al governo tedesco di partecipare con gli altri Paesi all’erogazione degli aiuti.
NB: Per leggere gli articoli di Repubblica, utilizzare il link alla rassegna stampa della Regione Lombardia.
161 26-01-2016 LA REPUBBLICA
ECONOMISTI TEDESCHI "DRAGHI VA FERMATO" REPLICA: "HANNO TORTO" (A. Tarquini)
LO SCONTRO/APPELLO CONTRO L’ACQUISTO DI TITOLI
Economisti tedeschi: “Draghi va fermato”. Replica: “Hanno torto”
Quest’altra notizia, che io sappia, non ha avuto quasi nessuna eco nei media italiani on-line. Leggendo la relazione della Corte dei Conti europea, vien da pensare: a) che la Commissione europea era un covo di dilettanti allo sbaraglio; b) che dopo aver sbagliato allora per controlli troppo laschi, ora sbaglia per controlli troppo rigidi e troppo severi; e c) che la costante è che usa due pesi e due misure.
158 27-01-2016 LA REPUBBLICA
LA CORTE DEI CONTI UE CONTRO LA COMMISSIONE "NEI SALVATAGGI APPLICATI DUE PESI E DUE MISURE"
Roma – “La Commissione europea non era pronta ad affrontare una crisi di proporzioni di quella scoppiata”. A quasi otto anni dall’ingresso dell’Europa nella recessione più grave dal dopoguerra, la Corte dei Conti UE ammette che qualcosa non ha funzionato. Il governo di Bruxelles si è trovato spiazzato con “debole governance delle banche e politiche di bilancio inadeguate”. E quando si è trattato di aiutare otto Paesi in difficoltà “è stata colta impreparata dalle prime richieste di assistenza”. Sotto la lente dei giudici contabili sono finiti i salvataggi di Ungheria, Lettonia, Romania, ma soprattutto Irlanda e Portogallo, due dei cinque membri dei Piigs (assieme a Spagna, Italia e Grecia). E qui la Commissione ha sbagliato quasi tutto, tra 2005 e 2008, ritenendo i bilanci nazionali e le banche “più solidi di quanto non fossero in realtà”. E non solo. I giudici denunciano anche disparità per vari Paesi, che “pur trovandosi in una situazione analoga non sono stati trattati alla stessa stregua”: rigore assoluto per alcuni, sconti per altri. Due pesi e due misure.
Allego:
26/01/2016
Relazione speciale n. 18/2015: L’assistenza finanziaria fornita ai paesi in difficoltà
http://www.eca.europa.eu/it/Pages/DocItem.aspx?did=35016
26/01/2016
Sintesi della relazione speciale n. 18/2015: L’assistenza finanziaria fornita ai paesi in difficoltà
http://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR15_18_SUMMARY/SR_CRISIS_SUPPORT_SUMMARY_IT.pdf

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Ecco un esempio – forse noto - di due pesi e due misure nell’applicazione delle regole UE. Alla Francia, membro della diarchia franco-tedesca, è permesso da tre anni di sforare il limite del 3%. Era già successo in passato. Ha già dichiarato che non rientrerà entro il limite prima del 2017.
Nonostante il divario del deficit (3,8% in Francia nel 2015, 2,6% in Italia), la crescita in Francia ha raggiunto nel 2015 il +1,1%, contro lo 0,7-0,8% in Italia.
La Francia non ha avanzo primario, vale a dire la differenza tra le entrate e le spese al netto degli interessi, cioè destina tutte le entrate a spesa pubblica primaria, per cui il deficit viene coperto emettendo nuovo debito, che sfiorerà nel 2017 il 100% del Pil.
Ma la Francia beneficia dello “scudo” tedesco sui mercati finanziari, per cui lo spread tra i titoli pubblici francesi e quelli tedeschi è quasi nullo. Questo le consente di finanziare il deficit sostenendo un onere per interessi molto contenuto.
Sotto questo aspetto, nel confronto con la Germania e la Francia, l’Italia è molto penalizzata fin dalla nascita dell’Euro.

La croissance en France a atteint 1,1% en 2015
Le Monde.fr | 29.01.2016 à 07h35• Mis à jour le 29.01.2016 à 11h10 | Par Audrey Tonnelier

***

Questa volta il contaballe e tosto PdC Renzi ha ragione da vendere a dichiarare che in base ai dati non è l’Italia il malato d’Europa. Osservo che, poiché il Commissario Moscovici è apparso modicamente disponibile in tema di concessione della flessibilità all’Italia, che beninteso è un pannicello caldo, è intervenuto il redivivo ‘falco’ finlandese Katainen, messo lì apposta dalla Germania, che gli ha affidato la supervisione economica e diritto di veto (a proposito della débacle del PSE nella formazione della Commissione europea).

Table1:
Overview – the winter 2016 forecast


Ricavo dalla tabella con le previsioni invernali della Commissione europea:
Deficit/Pil (%)……2015…2016…2017
Italia………………2,4……2,5…...1,5
Francia……………3,7……3,4…...3,2
Spagna……………4,8……3,4…...2,4

COMMENTO: Come si vede, il dato del deficit dell’Italia relativo al triennio 2015-2017 è migliore sia di quello della Francia che di quello della Spagna. Anche dal 2012 al 2014, il deficit/Pil dell’Italia è stato sempre inferiore al limite del 3%, quello della Francia e della Spagna è stato sempre superiore, anche sensibilmente (la Spagna ha raggiunto un picco del 7%).
Come forse è noto, ridurre il deficit via aumento dell’avanzo primario (come ha fatto l’Italia) significa sottrarre risorse all’economia reale e quindi alla crescita; il contrario, se si aumenta il deficit e si riduce l’avanzo primario (come è successo alla Spagna).

PS:

Quesito al Commissario (francese) Pierre Moscovici:
Perché non dedica un po' di più del Suo tempo e dei Suoi strali e dei Suoi dinieghi, anziché all'Italia, al Suo Paese, la Francia, che - si sa perché - riceve da anni un trattamento privilegiato, pur NON avendo neppure implementato, a differenza dell'Italia e della Spagna, le supposte salvifiche riforme strutturali, così care alla destra reazionaria neo-liberista che comanda in UE, con la complicità dei sedicenti socialisti, come Lei e il presidente (tedesco) del Parlamento Europeo, Martin Schulz?

La lente dell’Europa su deficit e debito italiani
di Beda Romano con le analisi di Guido Gentili e Dino Pesole  5 Febbraio 2016


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giovedì 4 febbraio 2016

La cacofonia isterica e autolesionistica che favorisce gli interventi a gamba tesa della Commissione europea


Carlo Clericetti  27 GEN 2016
Altro che le statue, si copre la realtà

Concordo, non se ne può più.
D’altronde, questi argomenti di apparente comprensione immediata sono adattissimi ai milioni di persone disinformate su questioni complesse come quelle di Economia o dei Trattati europei o delle regole del Fiscal Compact, la cui comprensione richiede tempo e fatica, che neppure dei presunti addetti ai lavori risultano sempre disposti a spendere.
Ne deriva, da una parte, uno scadimento generale dell’informazione e della conoscenza, e, dall’altra, una cacofonia isterica e autolesionistica che favorisce gli interventi a gamba tesa della Commissione europea o della BCE o del FMI o dell’OCSE o della speculazione finanziaria.[1]
Io mi chiedo, ad esempio, come possa succedere che su una questione importante come le pensioni, che interessa milioni di persone, si possa ignorare da parte di tutti che esiste la riforma Sacconi, che è appena del 2010 e che è stata più incisiva e severa della tanto vituperata riforma Fornero, alla quale vengono attribuite anche tutte le misure della riforma Sacconi. Per cui, Massimo Giannini, che non è uno sprovveduto in fatto di Economia (ed al quale ho scritto già tre volte in merito) possa dare spazio per l’ennesima volta alla sua trasmissione Ballarò ad un bugiardo matricolato come l’onorevole Salvini, che ogni volta che compare in tv – ed avviene spessissimo – lancia immancabilmente le sue maledizioni a mo’ di fatwa contro la professoressa Fornero, colpevole, secondo lui, di aver portato l’età di pensionamento a 67 anni e poi man mano a 70, facendo finta di dimenticare che non è stata la legge Fornero ma la legge Sacconi, votata anche dallo stesso onorevole Salvini e dal suo partito, la Lega Nord. Senza che né Giannini, né nessun altro (ad esempio il sindacalista Giorgio Airaudo) lo sbugiardino in diretta. Incredibile!
Tornando alla questione principale sollevata da Carlo Clericetti sul modo criminale di operare della Commissione europea, alla quale vanno aggiunti gli altri due componenti della troika, la BCE e l’FMI, sia violando i trattati, sia usando due pesi e due misure nella loro applicazione, io sono del parere che tale condotta vada sì contrastata in sede politica, come sta facendo ultimamente Renzi, ma che occorra, vista l’indisponibilità della Francia, o costruire un’alleanza dei Piigs o denunciare tale condotta criminosa per via giudiziaria.

[1] Sull’importanza della comunicazione, si veda l’articolo de Lavoce.info che ha evidenziato una correlazione, nel 2011, tra l’aumento dello spread ed il numero di notizie sulla manovra economica pubblicate il giorno precedente sui giornali italiani
Riccardo Puglisi  21.10.2011
o l’intervista successiva del premio Nobel Michael Spence
Un errore di comunicazione dei leader dietro il cambio di rotta dei mercati
Eugenio Occorsio  08 luglio 2012


Articoli collegati:

A proposito di comportamento similcriminoso di uno dei componenti della troika, segnalo questo lungo articolo:

Come il Fmi potrebbe far saltare l'accordo sul debito greco
Petros Giannakouris, Associated Press
Pubblicato: 28/01/2016 13:23 CET Aggiornato: 28/01/2016 13:23 CET


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