mercoledì 29 luglio 2015

Art. 18, tra Renzi, la Germania e Sacconi


A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 483 del 22-09-14 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Art. 18, tra Renzi, la Germania e Sacconi


Carlo Clericetti
18 SET 2014
L’art. 18? I tedeschi ce l’hanno


Preliminarmente, provo a fare il punto sulla situazione dei lavoratori protetti dall’art. 18.
ARTICOLO 18. Poche imprese interessate, ma tutelati oltre la metà dei dipendenti privati italiani
Sono poche le aziende sottoposte alla disciplina all’articolo 18, ma oltre la metà dei lavoratori dipendenti italiani del settore privato sono tutelati da questo istituto. I numeri elaborati dalla CGIA ci dicono che l’articolo 18 “interessa” il 2,4 per cento delle aziende ed il 57,6 per cento dei lavoratori dipendenti italiani occupati nel settore privato dell’industria e dei servizi.
In termini assoluti, su poco meno di 4.426.000 imprese presenti in Italia, solo 105.500 circa hanno più di 15 addetti.
Per quanto riguarda i lavoratori, invece, la CGIA ricorda che dalla totalità degli addetti presenti in Italia (pari a poco più di 22 milioni di unità) sono stati “rimossi” i lavoratori autonomi, quelli del pubblico impiego, i dipendenti dell’agricoltura e tutti quelli con un contratto a tempo determinato che, per legge, non sono “coperti” da questa norma.
Pertanto, su oltre 11.300.000 operai e impiegati presenti nel nostro Paese (*), quasi 6.507.000 (**) lavorano alle dipendenze di aziende con più di 15 dipendenti, soglia oltre la quale si applica l’articolo 18.

Poi, analizzo sinteticamente le alternative possibili, che sono tre:
1. il tentativo di cancellazione dell’art. 18 viene sconfitto;
2. in subordine, si riesce ad adottare in Italia la legge tedesca, che affida al giudice il potere discrezionale di ordinare il reintegro o stabilire un indennizzo;
3. il tentativo di cancellare l’art. 18 ha successo.

Nella prima ipotesi, tutto rimane come ora, inclusa la pressione degli organismi europei (UE e BCE), che usano la riforma del lavoro come alibi per non fare quello che tocca a loro fare.

Nella seconda, è presumibile ci sia un aumento delle cause di lavoro, in una situazione dei Tribunali già molto deficitaria.

Nella terza, la più probabile, è necessario – se non indispensabile - controbilanciare il potere accresciuto degli imprenditori, inserendo nella nuova disciplina legislativa due condizioni sospensive:
a) la previsione e l’effettiva implementazione di un sistema adeguato di ammortizzatori sociali:
- indennità di disoccupazione: in passato, quando (anche il Centrosinistra) hanno progettato le loro belle e razionali riforme, si sono preoccupati di considerare tutte le variabili in gioco, ma poi, quando le hanno tradotte in articolati di legge di attuazione, per problemi di copertura finanziaria, ma anche per un fatto - come dire? - di cultura, di logica e di etica di fondo nazionale piuttosto stortignaccole e strabiche, hanno omesso sempre una gamba del tavolo, quelle delle tutele universali;
- strutture per l'impiego, la formazione ed il reimpiego.
Infatti, assieme agli ammortizzatori sociali, sono necessari servizi attivi per l'impiego ed il reimpiego (non baracconi inefficienti come i Centri per l’impiego attuali che servono soltanto a quelli che vi lavorano: meno del 5% trova lavoro tramite loro), che coinvolgano economicamente e operativamente le aziende che licenziano; e, infine,
- agenzia centrale, perché occorre affrontare la variabile critica di qualunque riforma: la Pubblica Amministrazione italiana, la peggiore del mondo occidentale, che faccia capo ad un Sottosegretario di Stato di alto profilo operativo;
b) attuare finalmente la normativa sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, già da tempo all’esame del Parlamento.

***

I tre [ex] ministri sedicenti socialisti
Poiché nell’articolo di Carlo Clericetti si parla – negativamente – del sedicente socialista Brunetta, ma non dell’altro sedicente socialista Sacconi, che, a mio avviso, di Brunetta è sicuramente peggiore, riporto un mio vecchio post, che, purtroppo, data la loro permanenza sulla scena politica e, sfortunatamente, persino nella maggioranza, è ancora attuale. Per fortuna, il terzo sedicente socialista, Tremonti, ora è fuori dai giochi. Per onestà, devo ammettere che mi illudevo sul ripensamento della classe operaia, dissuasa peraltro dallo spostamento destrorso, almeno in tema di lavoro, del PD.
Negli anni '70, dopo l'approvazione dello statuto dei lavoratori [1] – frutto dell'opera riformatrice della commissione presieduta dal socialista Gino Giugni, voluta dal socialista Giacomo Brodolini -  e la crescita dei conflitti sindacali (le aziende erano un po' “fasciste” allora), per gestire le relazioni col personale le grandi aziende spesso assumevano sociologi provenienti dalla Facoltà di Sociologia di Trento (dove, ad esempio, hanno studiato Renato Curcio e Mara Cagol, fondatori delle BR), famosa per il suo radicalismo di sinistra già dagli anni '60 (tant'è che a noi militari di leva era fatto divieto addirittura di passarvi davanti, quando andavamo in libera uscita; erano gli anni -  '67-68 -  quando, detto per inciso, più o meno si concludeva la stagione degli attentati dinamitardi in Alto Adige).
In questi ultimi decenni, parecchi esponenti di sinistra sono passati all'altra sponda politica, diventando parlamentari, consiglieri, maitre a penser, direttori di giornale, portavoce e così via.
Poi, come epilogo della storia, per realizzare una politica di destra e portare avanti – come dire? - la riforma delle riforme socialiste, Berlusconi si è avvalso dell'opera assidua di tre ministri socialisti: Tremonti, Brunetta e Sacconi. I  tre ministri, per la bisogna, si sono avvalsi a loro volta dell'appoggio della UIL, socialista (oltre che della CISL).
Intanto, anche gli operai sembravano avere abbandonato i partiti di sinistra e votavano in prevalenza per il centrodestra.
Situazione davvero bizzarra, ma, dopo le manovre finanziarie correttive per 330 mld da inizio legislatura (importi cumulati 266,3 mld il governo Berlusconi e 63,2 mld il governo Monti), per la più parte vere macellerie sociali, e l’attacco, parzialmente respinto, all’art. 18 ed al welfare, forse anche foriera di cambiamenti. […]
Il Prof. Monti e lo statuto dei lavoratori, manovra diversiva, in parte persino inconsapevole

Ha ragione. Brunetta è più folcloristico, ma il vero deus ex machina della distruzione dei diritti dei lavoratori è Sacconi, che può vantarsi di essere stato il più reazionario tra i ministri del Lavoro della Repubblica. Di lui è bene ricordare, oltre all’assiduo impegno per spaccare il sindacato ed emarginare la Cgil, l’abolizione delle norme contro le dimissioni in bianco introdotte dal precedente governo di centro-sinistra, che provocò nell’anno successivo, come certificato dall’Istat, una impennata di “dimissioni” (ossia licenziamenti) in particolare di lavoratrici che aspettavano un figlio.

@Carlo Clericetti
Su Sacconi conservo un ampio archivio, incluse 3 letteracce che gli ho scritto tra il 2010 e il 2011 (questa è la terza, la più breve e forse (?) più dura http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2689326.html oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/04/lettera-n-3-al-ministro-maurizio-sacconi.html ).
Nel suo “curriculum”, vanno aggiunti:
- la sua posizione “umanitaria” e fondamentalista nel caso Englaro di tutela della vita vegetativa;
- le decisioni crudeli nei riguardi di vite concretissime e debolissime con le manovre correttive;
- la sua filoconfindustriale avversione ai precari, anche reintroducendo le tipologie contrattuali più vessatorie, che erano state abolite dal precedente governo Prodi (ministro del Lavoro, Damiano);
- assieme a Tremonti e, in parte, Brunetta, è stato un tenace, inverecondo costruttore di una campagna sistematica, paramafiosa di DISINFORMAZIONE, tesa a propalare assiduamente dati edulcorati o falsi;
- le sue diatribe a cadenza mensile con la Banca d’Italia sul tasso di disoccupazione;
- le sue sortite livorose, faziose, perfide, insincere, maramaldesche, antipopolari lungo tutto il suo ministero;
- secondo il presidente di un’associazione di Milano che coinvolsi in una web invasion sulla prima  manovra correttiva lacrime e sangue (il DL 78/2010), è (era?) uomo di Bombassei, allora vice presidente di Confindustria; a giudicare dalle misure delle manovre correttive, vera macelleria sociale, e, un anno dopo (2011), dalla sua proclamazione di fedeltà alla causa di Confindustria, mentre gli altri 2 ministri si erano defilati, non ebbi difficoltà a crederlo;
- la sua sorpresa o il suo rifiuto di ammettere che la Confindustria criticasse il governo quando questa, nel pieno dell’incendio da spread) cominciò a bombardare di critiche il governo Berlusconi-Tremonti-Bossi-Sacconi;
- anche Eugenio Scalfari scrisse che tutti e tre erano senza vergogna, ma che il peggiore dei tre ex ministri sedicenti socialisti era Sacconi
- che sia mediocre, basta leggere la sua “bibliografia” e la sua presentazione del suo libro bianco sul lavoro o la sua intervista davvero delirante all’inserto satirico del “Corriere della Sera” del 30 agosto 2010, che allego:
E pensare che era il ministro che riscuoteva il maggiore apprezzamento dagli Italiani. Data l’elevata percentuale (oltre il 60%), doveva riscuotere purtroppo anche quello di parecchi del centrosinistra: l’Italia è proprio piena di allocchi. Anche a sinistra.

Ho posto, più sopra, come seconda condizione sospensiva per l’attuazione della riforma dell’art. 18:
b) attuare finalmente la normativa sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, già da tempo all’esame del Parlamento.
Aggiungo al curriculum di Sacconi (nel post allegato in fondo c’è un piccolo dossier sul tema, in cui cito anche la collaborazione stretta tra Sacconi e Bombassei per ritardare la discussione sul DdL sulla partecipazione):_
UN ANNO FA SACCONI CHIESE E OTTENNE DA SINDACATI E CONFINDUSTRIA UN “AVVISO COMUNE” PER LA SOSPENSIONE DI UN ANNO DELL’ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE UNIFICATO SUL QUALE SI ERA REGISTRATA UN LARGHISSIMO CONSENSO IN SENO ALLA COMMISSIONE LAVORO DEL SENATO; ORA L’ANNO STA PER SCADERE, MA IL MINISTRO INSISTE NELL’OPPORSI ALLA RIPRESA DELL’ITER PARLAMENTARE DEL PROGETTO
Interrogazione presentata alla Presidenza del Senato il 15 settembre 2010
Partecipazione dei lavoratori alla proprietà ed al controllo delle aziende


Appendice

IL GOVERNO E LE SCELTE
I tanti scontri e la spallata finale
La battaglia tra il premier Matteo Renzi e la Cgil ricorda altri scontri. Stavolta non si tratta di corteggiare gli elettori del centrodestra, in ballo gli assetti della società italiana
di Dario Di Vico
20 settembre 2014

http://d3e4r6ceupz1gi.cloudfront.net/pub/avatar/avatar_default_medium.jpgVincesko 21 settembre 2014 | 0:17
@Dario Di Vico. 1) Il discorso dei mini job è incompleto: per accrescere la competitività dei suoi prodotti rispetto ai suoi partner UE (tra cui l’Italia), la Germania finanzia la deflazione dei salari tedeschi (400€ mensili per oltre 7 milioni di mini job) attraverso il suo robusto welfare (reddito minimo garantito di 364€ mensili e sussidio integrale all’affitto), che configurano aiuti di Stato alle imprese, vietati dall'UE. 2) La riforma dell’art. 18 è indispensabile controbilanciare il potere accresciuto degli imprenditori, inserendo nella nuova disciplina legislativa due condizioni sospensive: a) la previsione e l’effettiva implementazione di un sistema adeguato e costoso di ammortizzatori sociali: indennità di disoccupazione, strutture efficienti per l'impiego, la formazione ed il reimpiego (non baracconi inefficienti come i Centri per l’impiego), che coinvolgano economicamente e operativamente le aziende che licenziano; e, infine agenzia centrale che faccia capo ad un Sottosegretario di Stato di alto profilo operativo; b) attuare finalmente la normativa sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, già da tempo all’esame del Parlamento. 3) Quando, Lei, Dario Di Vico, proporrà un’imposta patrimoniale sui ricchi per finanziare la riforma dell’art. 18?

***

LA RIFORMA DEL LAVORO
Lavoro, ancora duello interno al Pd
Art.18, la Uil apre. Squinzi: eliminarlo
Renzi alla minoranza del partito: «Cascate male, io cambio davvero». Cuperlo: basta propaganda e ultimatu. Confindustria: l’art. 18 frena gli investimenti. Sindacati divisi.
di Redazione online
1 settembre 2014

http://d3e4r6ceupz1gi.cloudfront.net/pub/avatar/avatar_default_medium.jpgVincesko 21 settembre 2014 | 17:58
Quattro domande a Giorgio Squinzi: 1) Se considera un modello il mercato del lavoro tedesco e continua a tirare in ballo l’abolizione dell’articolo 18, lo sa che i tedeschi l’articolo 18 ce l’hanno” 2) Se ha come modello la Germania e i suoi mini job, per accrescere la flessibilità e la competitività dei prodotti, lo sa che la Germania finanzia la deflazione dei salari tedeschi (400€ mensili per oltre 7 milioni di mini job) attraverso il suo robusto welfare (reddito minimo garantito di 364€ mensili e sussidio integrale all’affitto), che configurano aiuti di Stato alle imprese, vietati dall'UE? L’Italia farà altrettanto? E, soprattutto, le verrà consentito dall’UE? 3) Solleciterà che ci sia anche in Italia, come in Germania (Mitbestimmung: “Una legge del 1976 stabilisce che nelle aziende più grandi i lavoratori siano rappresentati da metà dei membri di un consiglio di sorveglianza. In quelle più piccole i dipendenti controllano un terzo delle poltrone. I membri restanti rappresentano invece gli azionisti”), il varo e l’attuazione della legge sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa, della quale si discute da anni in Parlamento? 4) Infine, quando Giorgio Squinzi (ri-ri)proporrà (dopo le proposte del 2011 e del 2012, quando l’incendio da spread bruciava Casa Italia) un’imposta patrimoniale sui ricchi, per finanziare la costosa (ammortizzatori sociali e servizi attivi efficienti per l’impiego, la formazione ed il reimpiego) riforma dell’art. 18?


Articolo collegato:

Riccardo Realfonzo - 26 settembre 2014


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