giovedì 26 marzo 2015

Lettera di PDnetwork alla Segreteria Nazionale ed ai Gruppi parlamentari del PD

A causa delle avarie frequenti della piattaforma IlCannocchiale, dove - in 4 anni e 5 mesi - il mio blog Vincesko ha totalizzato 700.000 visualizzazioni, ho deciso di abbandonarla gradualmente. O, meglio, di tenermi pronto ad abbandonarla. Ripubblico qua i vecchi post a fini di archivio, alternandoli (orientativamente a gruppi di 5 al giorno) con quelli nuovi.

Post n. 39 del 02-02-2011 (trasmigrato da IlCannocchiale.it)
Lettera di PDnetwork alla Segreteria Nazionale ed ai Gruppi parlamentari del PD


Pubblico la Lettera di PDnetwork, con la relativa lettera di accompagnamento, trasmessa ai destinatari tramite la RedazioneWeb del PD.

Lettera di accompagnamento:

Alla Segreteria Nazionale ed ai Gruppi parlamentari PD

Riassumiamo le proposte di dettaglio avanzate nel documento votato ed approvato dagli iscritti di PDnetwork.
Sono istanze espresse e proposte caldeggiate dagli iscritti di PDnetwork in gran parte già presentate o discusse dal PD; vengono per così dire sistematizzate, coordinando anche le varie proposte PD sul tema del lavoro e misure connesse; integrate sia negli obiettivi (Piano case popolari e Questione meridionale vista strettamente intrecciata con la Questione femminile e l’Educazione), sia nelle coperture finanziarie.

Le proposte riguardano:
- Piano di sviluppo economico ed occupazionale;
- Reddito di cittadinanza;
- Riforma della legislazione sul lavoro precario, a favore dei precari;
- Sgravio fiscale sul lavoro e sulle imprese;
- Piano di edilizia residenziale pubblica e popolare;
- Questione femminile, Rivoluzione culturale e Mezzogiorno (obiettivi strettamente intrecciati).

Prendendo i soldi da:
- taglio selezionato della spesa pubblica relativa all'apparato burocratico [Nota 13], per gli armamenti [14] e la politica [15].
- revisione delle condizioni concrete di invalidità (le cui indennità talvolta surrogano il reddito di cittadinanza);
-  una seria lotta all’evasione fiscale (inasprendo ulteriormente le sanzioni);
- un maggior onere delle classi agiate nell’utilizzo dei servizi sociali, sia con un aumento della tassazione indiretta sui beni di lusso, sia con un incremento del prelievo fiscale sui redditi elevati ed i patrimoni:
•  reintroduzione dell'ICI sulla prima casa, lasciando la prima tranche Prodi;  invece abrogando – eventualmente - la seconda tranche Prodi e -  sicuramente - il provvedimento Berlusconi di esenzione sugli immobili di proprietà dei ricchi e degli abbienti  [16];
• imposta di successione, prevedendo una franchigia o un'aliquota agevolata per la prima casa;
• aumento della aliquota sulle rendite finanziarie (eventualmente, esclusi i BOT);
• imposta pluriennale di scopo;
• tassa sulle transazioni finanziarie [3].

Noi crediamo che i numeri elettorali sarebbero dalla parte delle misure indicate, a condizione che si abbia la saggezza, il coraggio e l’intelligenza di farne oggetto chiaro, esplicito ed appassionato del programma elettorale del PD, così come viene delineato nel documento; sapendo però che preliminarmente e parallelamente occorrerà intervenire su due aspetti fondamentali: 1. ricreare lo spirito giusto, poiché, come afferma Robert Musil ne “L’uomo senza qualità” “La forza di un popolo è conseguenza dello spirito giusto, e non vale l’inverso”; 2. lavorare, per questo, su una riforma culturale, attraverso l’educazione, che coinvolga in primo luogo la famiglia e poi la scuola.

Buon lavoro.


LETTERA DÌ PDNETWORK ALLA SEGRETERIA NAZIONALE ED AI GRUPPI PARLAMENTARI DEL PARTITO DEMOCRATICO

Destinatari: SEGRETERIA: Bersani, Letta e Fassina + Bindi; CAMERA: Franceschini, Ventura, Maran e Villecco-Calipari; Baretta, Fluvi, Damiano e Miotto + Madia; SENATO: Finocchiaro, Zanda, Casson e La Torre; Lusi, Musi, Treu + Ghedini, Ichino, Nerozzi e Passoni.


La gravità della crisi economico/finanziaria ha permesso di scoprire dei punti deboli del sistema economico internazionale, sempre presenti ma ampiamente sottovalutati, anche perché l’Occidente in generale non ne veniva colpito direttamente. I danni provocati dallo sviluppo diseguale venivano sostanzialmente scaricati sui paesi sottosviluppati. Su di essi infatti si sono abbattuti i disastri ecologici, ambientali, le logiche di scambio diseguale dei beni e una ineguale divisione internazionale del lavoro. Quando la crisi ha posto lo stop all’indebitamento privato degli Stati Uniti d'America, cresciuto oltre ogni limite tollerabile, ed ha evidenziato il gigantesco debito pubblico della maggior parte dei Paesi occidentali attraverso cui è stato finanziato il nostro livello di benessere, si sono evidenziati alcuni limiti strutturali del nostro modello di sviluppo:
1.     Incapacità di utilizzo pieno e ottimale della risorsa lavoro.
2.     Creazione di aree strutturali di marginalità ed impoverimento della popolazione.
3.     Progressivo incremento della disuguaglianza.
4.     Incapacità di passare rapidamente ad uno sviluppo rispettoso dell’ambiente, sia nella produzione di beni, nello stile di vita, nell’utilizzo delle fonti energetiche che nello smaltimento dei rifiuti.
5.     Incapacità di ridurre il disequilibrio fra le diverse aree del mondo.

Tutti questi aspetti ci costringono a ripensare il rapporto fra iniziativa privata e collettività troppo facilmente liquidato a favore della prima dopo la caduta del muro di Berlino. L’iniziativa privata, il desiderio di miglioramento sono un motore irresistibile della storia umana, ma è pur vero che esse vanno subordinate, come ci ha insegnato l’esperienza socialdemocratica, all’interesse delle collettività a cui appartengono. L’individuazione dell’elefantiasi dello Stato è stata una analisi corretta, ma la conseguenza da trarre non era lo smantellamento del ruolo equilibratore dello Stato rispetto al mercato, bensì la ricerca delle disfunzioni che lo paralizzano (burocrazia, clientelismo, occupazione dell’amministrazione da parte della politica, ecc.).
Va riconosciuto il malfunzionamento strutturale del mercato. La “manus “ invisibile non funziona! Troppe volte ci accorgiamo che il risultato delle libere forze del mercato è la concentrazione della ricchezza, il monopolio delle attività produttive, lo scempio dell’ambiente, la povertà, eccetera.
Come si legge nella Relazione del Prof. Mario Monti alla Presidenza della Commissione UE “Una nuova strategia per il mercato unico – al servizio dell'economia e della società europea”: “Come la crisi finanziaria ha dimostrato, vi sono rischi insiti nella percezione di un mercato quale entità superiore, quasi fosse dotato del potere di garantire comunque efficienza, anche in assenza di regole adeguate e di una vigilanza rigorosa. Molti sembrano aver dimenticato che il mercato è "un buon servitore, ma un cattivo padrone".
Così come s'impone, per far fronte alla crisi e depurarla del carattere profondamente iniquo determinato dall'aver privilegiato quasi esclusivamente l'obiettivo “stabilità”, una correzione sostanziale della politica economica europea in senso espansivo. [1]

Riepiloghiamo i punti fermi di macroscenario:
a) l'attuale crisi economica ed occupazionale è grave, di sistema e sarà lunga (forse almeno 15 anni, perché riflette il riequilibrio della produzione, della ricchezza e del benessere in ambito planetario); b) ad essa preesisteva, in Italia, uno dei maggiori tassi EFFETTIVI di disoccupazione (testimoniato dal tasso di occupazione, agli ultimi posti nei Paesi UE); c) la crisi ha prodotto un aumento della disoccupazione; d) la ripresa riassorbirà solo una parte di questi ultimi; e) la crisi ha accresciuto le disuguaglianze sociali sia in Italia che nel mondo: nel 2009, cioè in piena crisi economica, la ricchezza dei ricchissimi ha segnato un aumento del 50 per cento   (passando da 2.400 a 3.600 miliardi di dollari) [2] e poiché il PIL è calato quei soldi  sono stati tolti dalle tasche di qualche altro; f) quattro giorni di scambi sui mercati finanziari, pari a 4.000 x 4 = 16.000 miliardi, equivalgono a più di un anno di scambi di beni e servizi (stimati in un anno in 15.000 miliardi) [3]; g) la BCE (la banca centrale UE) ha contestato il patto di stabilità (che tocca l'occupazione), concordato nell'ultimo vertice UE, perché troppo lasco, ma non ha fatto lo stesso con le speculazioni finanziarie, il cui controllo è stato affidato alla Gran Bretagna, in evidente conflitto d'interesse; h) le lobby (banche ed altri istituti finanziari) si stanno opponendo all'introduzione di una tassa minima dello 0,05 % sulle transazioni finanziarie [2], come misura anti-speculativa, per ristorare i bilanci pubblici e finanziare la ripresa, e stanno cercando di far pagare agli altri (con pesanti riflessi sull'occupazione) il costo del risanamento.

I principali parametri nazionali presentano un debito pubblico che ha raggiunto i 1.850 miliardi di €, pari al 118% del PIL (cresciuto anche per l'azzeramento dell'avanzo primario, causato dallo sforamento della voce “beni e servizi” e dalle scelte negative del governo su ICI, Alitalia e riforma della normativa fiscale in senso più lasco, che ha provocato un aumento dell'evasione ed un calo delle entrate fiscali), un deficit pari al 5,3% del PIL, un importo  di interessi sul debito pari a 74 miliardi in un anno, un ammontare della ricchezza netta degli italiani pari a 8.600 miliardi (di cui il 45% nelle mani del 10% più ricco), un'evasione fiscale pari a 120-140 miliardi, un costo della corruzione stimabile in  60 miliardi, un costo della cattiva amministrazione quantificabile in 50 miliardi.

Le nostre proposte per governare l'evoluzione della variabile lavoro nel nostro Paese vanno inquadrate all’interno di questa analisi.
La prima contraddizione su cui bisogna intervenire è quella del dualismo presente fra un mercato del lavoro degli occupati a tempo indeterminato e quello del lavoro a tempo determinato, cosiddetto precario (secondo la CGIA di Mestre, i lavoratori precari nel 2009 erano 3 milioni e 700 mila), sia per la disparità di garanzie giuridiche, che per l’aspetto generazionale che ha assunto. [4]
Riteniamo che le quattro proposte di legge del PD diano delle risposte importanti ed efficaci al problema: il progetto di Flexsecurity del Prof. Ichino [5], il DdL Ghedini-Passoni-Treu [6], il DdL Nerozzi [7] e la proposta di legge Madia [8] si prefiggono l'obiettivo di rompere l’impasse che ostacola: la flessibilità regolata, per cui le aziende stanno utilizzando surrettiziamente il lavoro precario per ottenerla sia in entrata che in uscita; l'incentivazione del lavoro stabile e la stabilizzazione dei precari (meritevoli); un trattamento economico adeguato fin dall'ingresso; l'eliminazione di prassi irregolari diffuse; l'introduzione del salario minimo garantito; il superamento della  vischiosità del mercato del lavoro e l'inefficienza dei canali deputati a favorire il pieno incontro fra domanda e offerta di lavoro (solo il 5% dei giovani trova lavoro con le agenzie), con il risultato di costringere una parte cospicua della popolazione all’inoccupazione. Questa massa di persone, insieme ai lavoratori immigrati, costituisce l’esercito di riserva del lavoro su cui vive e prospera anche l’altro grande settore del mercato del lavoro: quello del cosiddetto lavoro nero, privo di diritti, di garanzie, talvolta gestito da o in complicità con la delinquenza organizzata in vaste aree territoriali del Paese.

E’ per tutto questo che è indispensabile il varo di una serie di norme volte a garantire uno svolgimento ordinato ed equilibrato delle dinamiche economiche legate al lavoro; un salario di cittadinanza; un alloggio ad affitto sociale; l’istruzione; la salute; il governo del territorio e la tutela dell’ambiente, intervenendo direttamente ed al più presto.

Si pone pertanto con urgenza la necessità di operare questi interventi:

- introduzione del progetto “Flexsecurity” del Prof. Ichino [5] con le relative modifiche del diritto del lavoro, coordinato con le proposte di legge “Ghedini-Passoni-Treu” [6], “Nerozzi” [7] e “Madia”[8];
- introduzione di un soggetto ad hoc, snello ed autorevole, che dia lavoro e formazione alle persone disoccupate ed inattive in cambio di un salario di cittadinanza, adeguatamente disciplinato; integrando nell'amministrazione, così come viene proposto dal DdL “Ghedini-Passoni-Treu”, artt. 12 e 13, e prospettato dallo studio della Commissione d'indagine sull'esclusione sociale [9], i preesistenti Uffici provinciali del Lavoro ed i servizi sociali degli Ambiti Territoriali, integrati da risorse umane specializzate, nonché l'ISFOL e Italia Lavoro;
- disincentivazione del lavoro precario facendolo costare più di quello stabile.
- Avvio di un corposo piano di edilizia residenziale pubblica e popolare (sia per calmierare gli affitti, sia per dare un alloggio ad affitto sociale, condizione che può fare la differenza tra la sostenibilità economica e la povertà) [10].
- Sviluppo importante della formazione e della ricerca, secondo criteri meritocratici e standard qualitativi elevati (in linea il più possibile con quelli adottati e praticati da Telethon).
- Sgravio fiscale sul mondo del lavoro (imprese e lavoratori) [11]
Restituzione del fiscal drag (drenaggio fiscale) [12].
Riforma della manovra correttiva 2010, secondo un semplice principio di equità (v. misure sulla previdenza).

La copertura di questi provvedimenti deve passare attraverso una politica fiscale a maggior caratura redistributiva a favore delle classi medio-basse e popolari ed un taglio selezionato della spesa pubblica relativa all'apparato burocratico [13], per gli armamenti [14] e la politica [15]. Si deve provvedere ad un’attenta revisione delle condizioni concrete di invalidità (le cui indennità, incluso l'accompagnamento, assommano a 16 miliardi, e che talvolta surrogano il reddito di cittadinanza) e ad una seria lotta all’evasione fiscale (inasprendo le sanzioni – come in parte ha già fatto l'attuale governo con la manovra correttiva 2010 - con maggior ricorso alle pene detentive).
La copertura finanziaria può trovare il suo completamento sia con un maggior onere delle classi agiate nell’utilizzo dei servizi sociali, sia con un aumento della tassazione indiretta sui beni di lusso, sia con un incremento del prelievo fiscale sui redditi elevati ed i patrimoni:
reintroduzione dell'ICI sulla prima casa, lasciando la prima tranche Prodi;  invece abrogando – eventualmente - la seconda tranche Prodi e -  sicuramente - il provvedimento Berlusconi di esenzione sugli immobili di proprietà dei ricchi e degli abbienti  [16];
- imposta di successione (che il liberale Luigi Einaudi considerava l'imposta più liberale, poiché favorisce l'ascensore sociale) in misura congrua, ispirandosi ai Paesi anglosassoni, pragmatici e meritocratici (dove varia tra il 30 ed il 40 %), prevedendo una franchigia o un'aliquota agevolata per la prima casa;
- aumento della aliquota sulle rendite finanziarie (eventualmente, esclusi i BOT);
- imposta pluriennale di scopo;
- tassa sulle transazioni finanziarie.
Il cumulo di queste misure potrebbe fornire un ammontare annuo di almeno 24 miliardi di euro, sufficienti per dare un salario di cittadinanza di 500 euro al mese a quattro milioni di persone (pari a circa il 6% della popolazione del nostro Paese ed al 23,7%  della somma di disoccupati ed inattivi [17]). L'imposta patrimoniale di scopo e l’ICI potrebbero essere inoltre sufficienti a far partire un importante piano di edilizia residenziale pubblica e popolare. Le ulteriori risorse sarebbero a nostro avviso sufficienti per un significativo sviluppo della formazione e della ricerca   (incentivando adeguatamente quella privata, attualmente deficitaria) e per uno sgravio del peso fiscale sul lavoro e le imprese.

E’ il mondo delle imprese e del lavoro l’asse sociale a sostegno di questo piano incisivo di lavoro. Le imprese chiedono un quadro di riferimento chiaro, provvedimenti immediati, un piano e progetti di ampio respiro, che pongano il lavoro al centro di qualsiasi programma politico. Altrettanto chiedono i sindacati ed i lavoratori. Le risorse del nostro Paese devono essere indirizzate verso il lavoro e non verso la rendita e/o la finanza, soprattutto quella speculativa.
I soggetti a sostegno di questo progetto innovativo sono già in campo, nelle strade e nelle piazze: sono i lavoratori delle fabbriche in cassa integrazione o che minacciano la ristrutturazione e la delocalizzazione; sono i lavoratori precari dello Stato e delle aziende private già espulsi o che rischiano di essere espulsi dal mercato del lavoro; sono i disoccupati, gli inattivi, le donne (la drammatica questione femminile s'intreccia strettamente con la questione meridionale e l'educazione) [18], gli immigrati - il 10 per cento circa della popolazione, che dà già un apporto significativo alla nostra economia con 140 miliardi all'anno, pari all'11 per cento del PIL, ma ancora in tanti senza diritti - che chiedono un riconoscimento ed un ruolo; sono le centinaia di migliaia di giovani studenti che chiedono una formazione ed un futuro.
Sono tutte forze che chiedono un orizzonte di speranza ed un progetto di sviluppo: si può fare, si deve fare!


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Note

[1] Una nuova strategia per il mercato unico – al servizio dell'economia e della società europea di Mario Monti
Un nuovo patto per crescita e stabilità
di Giuliano Amato, Richard Baldwin, Daniel Gros, Stefano Micossi e Pier Carlo Padoan – 07.12.2010
“La disciplina di bilancio dei paesi membri dell'Unione Europea è necessaria e utile. Non è però sufficiente a ristabilire ritmi di crescita adeguati non solo per vincere la disoccupazione, ma per garantire la stessa sostenibilità dei debiti sovrani dell'area euro. Serve un nuovo accordo politico tra gli Stati membri nel quale anche la crescita sia riconosciuta come priorità e venga promossa con interventi di rilancio del mercato interno, accompagnati da forti investimenti infrastrutturali. Per arrivare a più integrazione, non a meno integrazione”.
Crescita, benessere e compiti dell’economia politica
Lezione Magistrale del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi - Ancona, 5 novembre 2010
“L’esame congiunto di reddito e ricchezza ci restituisce un quadro prima facie diverso da quello basato sul solo reddito. Secondo i dati dell’OCSE, nel 2007, prima della recessione globale, l’Italia presentava il PIL pro capite più basso tra i paesi del G7, pari al 69 per cento di quello degli Stati Uniti, ma la ricchezza pro capite delle famiglie italiane era l’88 per cento di quella delle famiglie statunitensi, un valore superiore a quello osservato in Francia, Germania, Giappone e Canada”.
link sostituito da:

[2] Ricchezza dei ricchissimi.
Nel 2006, secondo il World Institute for Development Economics Research of the United Nations, riportato dal "Guardian", il 10% della popolazione adulta del mondo detiene l'85% della ricchezza mondiale; la metà più povera della popolazione adulta se ne spartisce solo l'1 per cento. http://money.guardian.co.uk/news_/story/0,,1965033,00.html
Nel 2008 (dati Bankitalia), il 10% della popolazione italiana possiede il 45% della ricchezza nazionale.
link sostituito da:
Classifica 2009 dei ricchissimi
Disuguaglianze sociali
“Dal rapporto Growing Unequal dell’Ocse emerge che tra i 30 paesi Ocse oggi l’Italia ha il sesto più grande gap tra ricchi e poveri. Non è solo colpa della crisi, anche se la crisi certo ha accentuato questa tendenza: redditi da lavoro, capitale e risparmi sono diventati il 33% più diseguali a partire dalla metà degli anni ottanta. Si tratta del più elevato aumento nei paesi Ocse, dove l’aumento medio é stato del 12%”.

[3] Transazioni finanziarie.
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/La-tassa-sulla-finanza-arriva-in-parlamento-6725 , dove si legge: “E' necessario e urgente approvare delle misure concrete. Una di queste è la tassa sulle transazioni finanziarie – Ttf – un'imposta estremamente ridotta – pari allo 0,05% - su ogni acquisto di strumenti finanziari. Il tasso minimo non scoraggerebbe i "normali" investimenti sui mercati, mentre frenerebbe chi opera con orizzonti di secondi o millesimi di secondo e che dovrebbe pagare la tassa per ogni transazione. Il peso della tassa diventa progressivamente più alto tanto più gli obiettivi sono di breve periodo”.

[4] Una crisi pagata dai giovani  di Samuel Bentolila , Tito Boeri e Pierre Cahuc - 06.07.2010
link sostituito da:
Lavoro precario e reddito di cittadinanza
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2580529.html oppure  http://vincesko.blogspot.it/2015/03/analisi-quali-quantitativa11-lavoro.html

[5]  DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa del Sen. Pietro ICHINO “Codice del lavoro semplificato”, ispirata al sistema scandinavo e che ha tra gli obiettivi il superamento del mercato duale del lavoro
link sostituito da:
(approvata a larghissima maggioranza in Senato la mozione Rutelli, che impegna il Governo a promuovere l'emanazione di "un nuovo codice del lavoro semplificato, anche sulla base delle proposte del disegno di legge Atto Senato 1873”) 

[6] DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa dei Senatori GHEDINI, PASSONI, TREU
Misure di contrasto alla precarietà del lavoro
Breve sintesi:
Per approfondire, A.S. (Atto Senato) n. 1110, attualmente all'esame della Commissione Lavoro e Previdenza sociale del Senato (in esso è previsto, tra l'altro, che il lavoro precario costi di più di quello stabile):

[7] DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa del Sen. NEROZZI “Istituzione del contratto unico d'ingresso”  (ispirata da Tito Boeri e Pietro Garibaldi)  http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00459782.pdf

[8] PROPOSTA DI LEGGE d'iniziativa dell'On. MADIA “Disposizioni per l'istituzione di un contratto unico d'inserimento formativo e per il superamento del dualismo nel mercato del lavoro”

[9] Studio Commissione d'indagine sull'esclusione sociale, in cui si parla anche del Reddito minimo garantito (pagg. 171-191)  
Sia l'ipotesi Ichino, sia l'ipotesi recente della CGIL http://www.cgil.it/Archivio/politiche-lavoro/AmmortizzatoriSociali/Riforma%20Ammortizzatori_PROPOSTA.pdf  non hanno il carattere della universalità ed esprimono un'ottica centrata sulla figura del lavoratore occupato, con un'accumulazione nel tempo di contributi a carico delle imprese, soprattutto, e dei lavoratori; per erogare, in sostanza, sussidi di disoccupazione, la prima per un arco temporale di 4 anni, la seconda di 3 anni; anche il suggerimento del governatore Draghi e la proposta di legge della deputata Marianna Madia hanno entrambi un'ottica parziale e volano basso. Disinteressandosi tutti e quattro di milioni di persone che sono forse in situazioni ancora peggiori dei precari, come ad esempio le centinaia di migliaia di OVER 45 (stimati in un milione), la più parte con famiglia a carico, rimasti disoccupati e “troppo vecchi per il lavoro, troppo giovani per la pensione”, che quasi nessuno considera.

[10] Piano di edilizia residenziale pubblica e popolare.
GESTIONE DEL TERRITORIO
Negli ultimi decenni, tra la destra e la sinistra, non è emersa, in particolare a livello locale, una marcata differenza nel modo di governare il territorio italiano, elemento fondamentale non soltanto per le sue intrinseche finalità, ma anche per lo sviluppo del turismo (*) e la qualità della vita delle persone, influenzata sia dal controllo del proprio tempo (spostamenti da e per i luoghi di lavoro), sia dalla relazione - sottovalutata – tra il territorio (urbanistica e architettura) e la psicologia delle persone.
(*) Esprimiamo un interesse ed un auspicio particolari, ai fini della lotta al degrado e per lo sviluppo integrato e globale del territorio, rispetto a:
1) la rimappatura (in parte già esistente) del degrado storico, artistico e ambientale nazionale, attraverso un piano particolareggiato globale; 2) interventi finanziari finalizzati a recuperare tali beni ed a valorizzare le competenze specialistiche di tutto il settore (bene inestimabile del nostro Paese); 3) il rilancio del settore turistico attraverso incentivi, anche economici, alla valorizzazione ed allo sviluppo di tutto il settore.
Milioni di attuali e potenziali turisti (dell'Est europeo, di cinesi, indiani, etc.) già oggi, ma soprattutto nel futuro, vorranno conoscere quello che oggi purtroppo stiamo distruggendo piegandoci ad un ottuso pensiero economicistico, con il quale si pensa (Tremonti, Bondi) che col territorio, la sua storia, le sue bellezze, la cultura non si mangia. Noi siamo del parere opposto. Il settore potrà fare da traino al resto dell'economia se sviluppato con criteri che interagiscono più strettamente con lo sviluppo e l’interesse nazionale.
Se vogliamo cambiare, dobbiamo mettere una pietra sopra a quanto si è fatto finora e cominciare dalle basi solide che già esistono; se continueremo a distruggere queste basi, non molta speranza resterà per la rinascita del nostro Paese

Occorre, come PD, agire su tre direttrici:
1. la prima, emanando una rigorosa legge sul regime dei suoli, basata su tre pilastri: la prevalenza dell'interesse pubblico; la titolarità esclusiva pubblica delle scelte attinenti il governo del territorio; la pianificazione, in coerenza con i benchmark europei;
2. la seconda, realizzando un piano corposo di edilizia residenziale pubblica (sovvenzionata, convenzionata e autocostruita  http://www.alisei.org/italia/italia.html  );
3. la terza, attuando un piano di rottamazione edilizia (v.  http://www.radicali.it/download/pdf/casa.pdf  ).
2 - PIANO CORPOSO DI EDILIZIA PUBBLICA
Quello della casa è uno dei problemi più grossi, che dovrebbe costituire un obiettivo prioritario del Partito Democratico.
Nel famoso programma di quasi 300 pagine, che fu elaborato dal Cantiere dell'Unione, il problema casa vi fu inserito per forte sollecitazione della base (La casa: un diritto di tutti, pagg. 178-180).
Il governo Berlusconi, non appena insediato, ha varato il “Piano casa”, che si è rivelato un bluff, perché è tale solo nel nome, essendo un piano di aumento delle... volumetrie; in più ha tagliato, per il 2009, 550 milioni già stanziati allo scopo dal governo Prodi nel 2007.
Occorre riprendere quelle proposte. In particolare: a) investire molto di più in edilizia pubblica; b) utilizzare la leva fiscale per scoraggiare il nero; c) ridurre il carico fiscale sugli affitti; d) disincentivare il numero di case tenute sfitte. 
In Italia, ci sono circa 955.000 alloggi popolari, ma dalla fine degli anni '80, anche se i lavoratori pagavano per l'edilizia pubblica i contributi GESCAL (fino al 1994), se ne costruiscono pochissimi: in media 2.000 all'anno, contro 10 o 15 o 20 volte tanto in altri Paesi europei, come la Francia, la Germania o i Paesi scandinavi.
Negli altri Paesi europei, infatti, vengono costruiti molti più alloggi popolari, per calmierare i prezzi degli affitti e tutelare i ceti più poveri.
La proprietà della casa, a ben vedere, o un affitto agevolato (affitto sociale) sono spesso per milioni di persone percettrici di redditi bassi (salari o pensioni) ciò che fa o potrebbe fare la differenza tra un'esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà.

Principi ispiratori raccomandati: noi non crediamo al contributo determinante o prevalente dei privati alla soluzione del problema casa; occorre un piano pubblico, basato sia su nuove costruzioni, sia sulla rottamazione di quelle vecchie, per salvaguardare il più possibile prezioso suolo agricolo, ma secondo un criterio di qualità, affidandone la progettazione – di complessi-tipo replicabili, con caratteristiche di risparmio energetico ed eventualmente l’utilizzo di pannelli solari e fotovoltaici - a un architetto del livello di Renzo Piano o un altro grande architetto specialista del ramo.
Se capita di partecipare ad una visita guidata organizzata da qualche Facoltà di Architettura, anche al Sud, di diversi e variegati complessi di case popolari, si ricava facilmente che il risultato, anche in termini di durata, ma non solo, è determinato dai criteri urbanistici ed architettonici ispiratori e da progetti esecutivi basati sulla qualità.

[11] OCSE: Salari in Italia tra i più bassi. Fisco da record al 46,5%
Ma Sacconi non ci sta e bolla i dati come ''tecnicalita' senza riscontro'' - 11-05-2010
Il Rapporto Ocse: Italia maglia nera dei salari -16,5% rispetto alla media
Il nostro Paese è al 23esimo posto sui 30 membri dell'Organizzazione
Il cuneo fiscale è del 46,5%. Peso di tasse e contributi invariato dal 2008
OECD: Taxing Wages 2009  http://www.oecd.org/ctp/taxingwages
Salari: IRES CGIL, potere d'acquisto perde 5.500 euro in dieci anni
Presentato V rapporto sui redditi dei lavoratori dipendenti. Epifani, necessario un intervento urgente, che sposti la tassazione dai salari dei lavoratori dipendenti e dalle pensioni alle grandi ricchezze e ai grandi patrimoni »
La crisi dei salari - Crescita, Occupazione e Redditi perduti negli anni Duemila
V RAPPORTO IRES-CGIL 2000-2010  - 27 settembre 2010
Sintesi del rapporto:
Slides:

[12] Restituzione del fiscal drag (drenaggio fiscale).
Fiscal drag: chi l'ha visto? - 13/09/2010
“C'è un grande assente nel dibattito sulle tasse: il drenaggio fiscale. Che dal '90 ha colpito i redditi più bassi: chi guadagna solo 15mila euro oggi paga il 28% in più in termini reali, mentre chi sta sopra 1 milione di euro paga quasi il 10% in meno”.

[13] Pubblica Amministrazione.
Citiamo qualche dato sulla Pubblica Amministrazione: in Italia si contano più di 10.000 amministrazioni pubbliche, ed è interessante notare come siano cresciute negli anni. Infatti nel 1999 erano 9.470, nel 2007 erano già arrivate a 10.415. La performance del settore pubblico (cioè il rapporto tra i risultati e la spesa) è piuttosto bassa: la media europea è 0,94, in Italia si raggiunge solo lo 0,83, meno della Spagna (0,89) per non parlare della Danimarca (1,06) o della Svezia (1,04). Gli impiegati pubblici sono più di tre milioni e mezzo.
Il governo della Gran Bretagna, per far fronte alla crisi, ha deciso di licenziare 500 mila dipendenti pubblici (lì c'è un sistema di ammortizzatori sociali universale).
Il nostro ministro Brunetta ha già programmato la diminuzione di 300 mila dipendenti pubblici, agendo sul turnover, che si aggiunge al blocco delle assunzioni da almeno una decina d'anni.
Nonostante questo, almeno in alcune Regioni (es. Sicilia, Campania, Calabria) ed in alcuni comparti della P.A. (ad esempio, Sanità campana o calabrese o siciliana; dipendenti Enti locali Sicilia), c'è una sovrabbondanza di personale, immesso per far fronte non alle necessità dei servizi da erogare ai cittadini, ma per diminuire la disoccupazione, e non premiando i meritevoli, ma per la più parte sulla base di raccomandazioni, dividendo tra figli e figliastri.
Allora, si dovrebbe essere d'accordo con noi che lo Stato, cioè noi tutti, come un buon padre di famiglia, anziché privilegiare, poniamo ad esempio, 100 mila persone sostenendo un costo di 2.000 ciascuno x 13 mensilità x 100.000 = 2,6 miliardi, provveda a pagare il reddito di cittadinanza – opportunamente disciplinato - di 500 € a 520.000 persone disoccupate.

- La Pubblica Amministrazione è da sempre - se si può dire così - una vera emergenza nazionale. In tutti i saggi in tema di come migliorare l'economia italiana, tra le misure da prendere viene sempre indicato al primo posto il miglioramento dell'efficienza della PA.
- I dati ufficiali e l'esperienza sembrano confermare la plausibilità della formula “1/3, 1/3, 1/3”, proposta anni fa ad Alberto Statera da un funzionario pubblico: un dipendente pubblico ci va e lavora; un altro ci va e non lavora, l'esecrato fannullone; un terzo non ci va affatto, il famigerato assenteista.
- Inoltre, spesso, quel che conta per la PA è il rispetto della forma, non l'efficacia-efficienza nell'uso delle risorse.
- Quello della PA trascende la mera disputa privato-pubblico o cittadino-burocrazia ed assurge a fattore critico fondamentale del sistema-paese, della questione meridionale, del federalismo, dello sviluppo economico.
- Una PA inefficiente, con troppi livelli decisionali e troppe competenze, è funzionale al nostro sistema politico, il cui ceto ambisce a gestire potere anziché a programmare e controllare.
- Il Ministro Renato Brunetta, a parte il dato caratteriale, sembra persona abbastanza capace e volenterosa, che ha un disegno e lo persegue ostinatamente, ma con qualche pausa di troppo. Nello scorso giugno, a Radio3, il Sen. Pietro Ichino (PD), coautore con lui del progetto di nuovo codice del lavoro, ha denunciato il mancato finanziamento della riforma Brunetta, causato dalla rivalità personale tra Tremonti e Brunetta.
- Al di là del ministro Brunetta, la Pubblica Amministrazione (Stato, Regioni, Enti locali, Giustizia, Scuola, ecc.: in senso lato, “dal re all’ultimo impiegato”, come scriveva Adam Smith) non costituisce un problema di destra o di sinistra, ma – ripetiamo - una vera emergenza nazionale, alla pari della tv e della criminalità organizzata, nel senso che tutte e tre richiederebbero una risposta “feroce”.
- Soluzioni? Ci rifacciamo alle indicazioni degli esperti (ad esempio, Luca Bianchi, vicedirettore della Svimez, o sindacalisti che ragionano): a) poiché c'è correlazione tra influenza della politica ed inefficienza della PA, occorrerebbe ridurre l'influenza – invasiva e pervasiva – della politica (vasto programma, direbbe De Gaulle); b) poi, occorrerebbe codificare responsabilità severe e cogenti in capo ai dirigenti (tutti noi verifichiamo che anche oggigiorno esistono uffici e settori che funzionano: perché hanno dei capi – evidentemente educati in famiglia (in senso largo) secondo l'etica della responsabilità – che li sanno far funzionare!); c) l'inevitabile codificazione di controlli non laschi (per forza! com'è nel privato) e di premialità meritocratiche per i dipendenti più capaci.

Normativa di riferimento:
Legge 4 marzo 2009, n. 15
"Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti"
Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni
Il Piano della performance: resi noti contenuti, principi e regole fondamentali per la sua redazione.
Delibera n. 112/2010 - “Struttura e modalità di redazione del Piano della performance” (articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150)

Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali
CAPITALE PUBBLICO E COMPETITIVITÀ
I problemi nella realizzazione delle opere pubbliche: le differenze territoriali
Chiara Bentivogli, Piero Casadio e Roberto Cullino......................................................... 223
Le determinanti dell’efficienza del settore pubblico: il ruolo della cultura
Raffaela Giordano, Pietro Tommasino e Marco Casiraghi ............................................... 253
Effetti macroeconomici del capitale pubblico: un’analisi su dati regionali
Valter Di Giacinto, Giacinto Micucci e Pasqualino Montanaro........................................ 279
Discussione
Paola Casavola ................................................................................................................. 319
La giustizia civile in Italia: i divari territoriali
Amanda Carmignani e Silvia Giacomelli ........................................................................ 325
Informatizzazione, trasparenza contabile e competitività
della Pubblica amministrazione: un’analisi a livello regionale
Carlo Maria Arpaia, Raffaele Doronzo e Pasquale Ferro ................................................. 353
I servizi pubblici nel Mezzogiorno e il programma degli obiettivi di servizio
Roberto Rassu e Giuseppe Saporito ................................................................................. 383
Discussione
Gianfranco Viesti ................................................................................................. ... 421
link sostituito da:

Le auto blu.
MONITORAGGIO SULLE AUTOVETTURE DI SERVIZIO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI (escluse le scuole)
Le auto blu sono 86.000.
oppure  http://vincesko.blogspot.it/2015/03/analisi-quali-quantitativa8-le-auto-blu_21.html

[14] Spese militari. 
Analisi quali-quantitative – 6 – Spese militari: classifica dei Paesi
Il Senato ha approvato con voto unanime la mozione sul nuovo modello di difesa europeo
Italia: 15 miliardi di euro per nuovi aerei F35
29 miliardi di euro per navi, caccia, bombardieri ed elicotteri. È ora di tagliare la spesa, quella militare

[15] Costi della politica.
Sintesi indagine UIL sui costi della politica
“I costi delle Istituzioni (Parlamento, altri Organi Costituzionali, Regioni, Province, Comuni), ammontano a circa 6,3 Miliardi, a cui vanno aggiunti:
• 2,8 Miliardi di euro per incarichi e consulenze conferiti dalla Pubblica Amministrazione (centrale e periferica dello Stato);
• ulteriori 2,5 Miliardi di euro, secondo una stima della UIL, per i compensi degli amministratori di società ed enti promossi e/o partecipati dalla Pubblica Amministrazione.
Si arriva così a oltre 11,6 Miliardi di euro.
Abbattere del 30% tali costi non significa attentare alla democrazia, ma può rappresentare una risposta vera e concreta al tema del reperimento delle risorse, oltre 3,5 miliardi di euro, da destinare, soprattutto, all’abbattimento del carico fiscale a favore dei redditi da lavoro dipendente e pensione”.
Trattamento economico dei parlamentari

[16] ICI.
Il ricavo dal ripristino dell'ICI sugli abbienti (2,5 miliardi circa, cfr. post http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2558596.html oppure http://vincesko.blogspot.it/2015/03/analisi-quali-quantitativa2-abolizione_19.html) va vincolato alla misura fondamentale di un piano corposo di edilizia residenziale pubblica e popolare. Ipotizzando un costo/appartamento di 100 mila €, si potrebbero costruire 25 mila appartamenti all'anno, cioè più di 10 volte quelli che si costruiscono attualmente in media in un anno.

[17] Mercato del lavoro in Italia.
Il numero di occupati (in termini destagionalizzati) risulta pari a 22.915.000 unità, pari al 57,2%.
La platea dei potenziali interessati al Rmg è molto ampia, se le persone 15-64 anni in cerca di occupazione (dati ISTAT II trim. 2010, v. allegato  http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/forzelav/20100923_00/testointegrale20100923.pdf  ) sono complessivamente 2.093.000. Ai quali vanno aggiunti: a) i cassintegrati (600.000) e b) gli inattivi, che (sempre dati ISTAT) sono complessivamente 14.817.000, di cui 5.200.000 maschi e 9.617.000 femmine.

[18] Questione femminile e Mezzogiorno
Sembra proprio ci sia relazione tra ruolo e grado di partecipazione della donna e indice di sviluppo di un Paese.
Secondo il IV Rapporto Onu sullo sviluppo umano nei paesi arabi http://www.resetdoc.org/story/00000000366
“il tasso di occupazione femminile (cioè la percentuale di donne dai 15 anni in su che forniscono lavoro o sarebbero disponibili a farlo) si ferma al 33%, rimanendo così il più basso del mondo”.
E “gli autori del Rapporto non esitano a sostenere che proprio dalla conquista della piena autonomia da parte delle donne potrebbe partire la rinascita commerciale, economica e culturale dei paesi arabi”.
Dal Rapporto ONU sullo Sviluppo Umano 2010, si ricava che:
“I paesi arabi includono cinque dei 10 “Top Movers” ovvero le nazioni (sulle 135 oggetto della ricerca) che hanno mostrato la migliore performance nell’ISU [Indice di Sviluppo Umano] a partire dal 1970: Oman (n.1), Arabia Saudita (n. 5), Tunisia (n. 7), Algeria (n. 9) e Marocco (n. 10). Nell’Indice di disuguaglianza di genere (IDG), tuttavia, gli Stati arabi registrano un ISU regionale medio del 70 percento, ben al di sopra della perdita mondiale media del 56 percento. All’ultimo posto nella classifica mondiale relativa all’IDG è lo Yemen, con una perdita ISU dell’85 percento”.
http://www.perlapace.it/index.php?id_article=5479
Dal Rapporto ISTAT relativo al II trim. 2010 (tabb. 13 e 14) http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/forzelav/20100923_00/testointegrale20100923.pdf , si ricava che il dato aggregato italiano di inattività delle donne, pari al 48,6% (39,4% al Nord e 42,4% al Centro) è determinato dal peso negativo del Sud: “Nel Mezzogiorno, il tasso di inattività della componente femminile rimane particolarmente elevato ed è pari al 63,5 per cento”, (contro il 33,7 dei maschi).
Occorrerebbe – come per i Paesi arabi – rimuovere questo macigno operando congiuntamente su due direttrici: quella economica e quella culturale.
CNEL - Il lavoro delle donne in Italia, Osservazioni e Proposte - 21/07/2010
Questione femminile, questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo

Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali *
Nel Mezzogiorno risiede un terzo della popolazione italiana; si produce solo un quarto del prodotto interno; si genera soltanto un decimo delle esportazioni italiane. Un innalzamento duraturo del tasso di crescita di tutto il Paese non può prescindere dal superamento del sottoutilizzo delle risorse al Sud” (pag. 7).
A metà di questo decennio il PIL pro capite delle regioni meridionali non raggiungeva il 60 per cento di quello centro-settentrionale; alla metà degli anni sessanta tale ritardo era di dimensioni identiche.
La frattura territoriale nel nostro paese appare almeno altrettanto ampia, anche con riferimento ad indicatori di sviluppo più direttamente correlati alle condizioni materiali di vita delle popolazioni, come i tassi di occupazione, la diffusione della povertà, i livelli di istruzione o il funzionamento dei servizi pubblici locali. L’elevata ampiezza percepita dei trasferimenti di risorse effettuati nel corso dei decenni in favore delle aree meridionali acuisce il senso di insoddisfazione verso le attuali dimensioni del dualismo territoriale italiano” (pag. 427).
Fino alla conclusione del XIX secolo, il PIL pro capite delle regioni meridionali non scese mai al di sotto del 90 per cento di quello centro-settentrionale” (pag. 427).
Il dualismo economico italiano, che vede una quota rilevante della popolazione risiedere in un’area molto povera rispetto alla media nazionale, si presenta assai più grave rispetto agli altri paesi con livelli di sviluppo similari e si avvicina invece alle condizioni di disparità che caratterizzano i paesi economicamente meno avanzati” (pag. 430).
I maggiori divari di reddito che il nostro paese mostra nel confronto internazionale sembrano quindi dipendere per intero dall’anomala dimensione della distanza fra regioni nelle diverse componenti del tasso di occupazione: la quota di forza lavoro occupata e, soprattutto, il tasso di attività della popolazione in età da lavoro. Quest’ultima variabile, in particolare, mostra un divario tra Mezzogiorno e Centro Nord di quasi 27 punti percentuali (Tavola 11), mentre nei paesi di confronto esso è mediamente inferiore a 5 punti” (pag. 435).
* 744 pagg., vi sono inclusi: informazioni utili per valutare la performance territoriale delle amministrazioni pubbliche ed un raffronto con la Germania Est (in 40 anni, la politica straordinaria ha speso nel Sud non più dello 0,7 per cento del Pil; per contro, per osservatori autorevoli tedeschi, “l’unità nazionale è un valore che trascende la logica economica, per il quale può ben valere la pena sacrificare il 5 per cento del PIL” - maggiore di quello italiano -  secondo le regole del federalismo cooperativo (Politikverflechtung), che costituisce il carattere saliente del modello politico tedesco. Secondo stime non ufficiali i trasferimenti lordi sarebbero ammontati per il periodo 1991-2003 a 1.250-1500 miliardi di euro, equivalenti a una media di 96-115 miliardi annui) (pag. 486).
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Rapporto SVIMEZ 2010 - Sintesi
Sul Manifesto, Giorgio Ruffolo sottolinea, nel rapporto SVIMEZ 2010, la proposta di una soluzione innovativa per risolvere la Questione meridionale.
Come abbiamo accennato nel post riportato più sopra, dato il sostanziale fallimento delle modalità con le quali si è affrontato finora questa questione, occorre prefigurare soluzioni innovative, che riguardino in primo luogo: a) l'assunzione della Questione meridionale come questione strategica nazionale; b) una rivoluzione culturale; c) investimenti infrastrutturali adeguati; d) una Pubblica Amministrazione efficiente; e soprattutto e) una classe dirigente all'altezza del compito; se occorre, il commissariamento delle Regioni inadempienti.
La proposta della SVIMEZ, evidenziata dall'articolo di Ruffolo, pone l'accento sull'ultimo punto.
Giorgio Ruffolo: RAPPORTO SVIMEZ “Una macroregione per curare il Sud” - 23.07.2010

“(…). Il Rapporto, però, non si limita a tracciare il desolante quadro. Diversamente dal riformismo chiacchierone, esso avanza le proposte di una radicale svolta della politica meridionalistica. Si tratta di tornare a una visione unitaria della "questione meridionale". A un piano del Mezzogiorno e ad una Agenzia destinata a dirigere e a gestire progetti strategici: acque, rifiuti, difesa del suolo, infrastrutture strategiche. Una riedizione aggiornata della "Cassa" posta sotto il controllo di un Consiglio con i rappresentanti del Governo (Ambiente e Infrastrutture) e delle otto Regioni. Si ricostituirebbe così uno spazio di programmazione unitario del Mezzogiorno, una "macroregione".
La proposta si avvicina molto a quella, ancor più radicale, che è stata da me avanzata (discussa su queste pagine) che prevede una riforma costituzionale, con la formazione di uno Stato federale composto da due macroregioni (del Nord e del Sud), legate da un patto e mediate da un governo nazionale con un presidente della Repubblica eletto dal popolo.
Il Rapporto Svimez costituisce un'occasione per realizzare un riforma costituzionale ispirata a un federalismo autenticamente unitario; per fare finalmente del problema meridionale una grande occasione di sviluppo per tutto il paese e per l'Europa”.

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